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Pinguini Rossi

Dopo il crollo dell'URSS, l'hockey USA sbarcò in Russia. Lo storico CSKA Mosca venne gestito "all'occidentale" tra orsi usati come camerieri, ballerine, campioni, oligarchi, vodka e caviale

alla balaustra pinguini rossi

(d. f.) Episodio numero 9 della seconda stagione della rubrica di Marco Giannatiempo, curata dalla redazione sportiva di V2 Media/ VareseNews e dedicata alla cultura dell’hockey su ghiaccio. In questa puntata torniamo ai primi anni dopo la caduta del Muro, in una Mosca che, improvvisamente, cercò di occidentalizzarsi anche nello sport. In quel quadro il CSKA si trasformò nei Russian Penguins…
“Alla balaustra” ha cadenza quindicinale e viene pubblicata il primo e terzo (ed eventualmente quinto) lunedì pomeriggio di ogni mese. Gli otto racconti della prima stagione e quelli della seconda sono disponibili in calce all’articolo.

Un orso vero che si aggira tra gli spalti servendo birra; sensuali e procaci ballerine che si esibiscono sorridenti illuminate da fuochi d’artificio, vodka a fiumi e caviale. No, non è il circo dei freak, ma un normale pre-partita dei Red Penguins all’interno di una delle più iconiche arene del ghiaccio al mondo, il CSKA Ice Palace a Mosca. La “casa” del “Professional’nyj Chokkejnyj Klub CSKA”, noto anche come CSKA Mosca, squadra capace di vincere tutto, ma veramente tutto, in patria e in Europa comprese quasi tutte le edizioni della Coppa dei Campioni dal 1969 al 1990 (ne mancò solo due), inanellando una striscia di ben 13 vittorie consecutive del trofeo.

Poi però gli inizi degli anni Novanta portano enormi stravolgimenti geopolitici, che innescano il principio di sgretolamento dell’Unione Sovietica. La superpotenza che implode e si polverizza in dodici repubbliche indipendenti, la fine di un impero e nel caso dell’hockey su ghiaccio di un club storico, così come lo si conosceva.

Si ma chi sono i Red Penguins? Per comprenderlo bisogna fare un salto indietro nel tempo, a inizio 1992, in un afoso pomeriggio giugno anche per Pittsburgh, in Pennsylvania. Più precisamente siamo al Dunkin, un locale tipico dello storico quartiere Squirrel Hill. Allo stesso tavolo siedono Howard Baldwin ex co-proprietario dei Pittsburgh Penguins e figura chiave per il progetto di espansione della NHL, Steven Warshaw, il più grande esperto di marketing di tutta l’America e Viktor Tikhonov, storico allenatore del CSKA Mosca e giocatore simbolo della nazionale russa.

I tre discutono dell’idea assurda almeno quanto affascinante venuta a Baldwin, che consiste nel portare il modello di hockey NHL, debitamente rivisto, nella Russia post-sovietica. Una nazione afflitta da enormi problemi finanziari e di conseguenza costretta ad ascoltare praticamente qualsiasi proposta che dreni soldi all’interno di un sistema ormai al collasso. Del resto anche se datati e fatiscenti gli impianti sportivi ci sono, i giocatori sono tra i più forti al mondo e al pubblico la voglia di hockey è rimasta.

Terreno, anzi ghiaccio, fertile per Baldwin quindi, che si inventa appunto i Red Penguins, siglando una join venture con il CSKA Mosca dopo l’acquisto del 50% della squadra sborsando un milione di dollari versati direttamente nelle casse del governo russo. Al marketing ci pensa Warshaw che porta colore, molto colore, forse pure troppo visto che parliamo di uno stato come la Russia costretto da sempre in un grigio minimalismo che pervade tutta la vita locale, non solo quella sportiva.

Come prima cosa cancella dalle maglie il simbolo con falce e martello che il CSKA portava sin dalla fondazione, sostituendolo con un pinguino molto simile al logo dei Pittsburg Penguins, la squadra NHL da cui tutto ha origine. E poi quel logo è certamente più adatto alle famiglie. Il colore però rimane, visto che il profilo del pinguino sarà rosso. Poi arriva la parte di marketing estremo, molto estremo… Warshaw decide infatti di far ammaestrare una serie di orsi che girano per gli spalti e che tramite apposite giberne distribuiscono birra agli spettatori comodamente seduti in tribuna. Tutto questo mentre uno spettacolo pirotecnico illumina la volta dell’arena salutando l’ingresso dei giocatori che entrano sul ghiaccio tra avvenenti ballerine, mentre nelle lussuose aree vip scorrono fiumi di vodka e caviale. Il marketing continua nel suo corso, in perfetto stile americano: viene anche indetto un concorso per cercare sosia di Gorbaciov ed Eltsin, cose che neppure la mente più estrema avrebbe mai pensato nella Russia solo qualche mese prima.

Tutto questo in un clima che comunque rimane surreale, in un Paese martoriato da una povertà diffusa: basti pensare che gli spettatori ricevevano con il biglietto anche un rotolo di carta igienica, visto che era uno dei materiali più rubati in assoluto. Il ghiaccio invece era rifatto da una rolba guidata da un ex-neurochirurgo di fama internazionale rimasto senza lavoro.
Il progetto, per quanto assurdo, comunque decolla; Coca-Cola, Nike, Delta, McDonald’s, Gillette, Procter & Gamble si contendono gli spazi di quello show promosso da importanti TV via cavo, e con loro altri sponsor seguiranno l’ascesa dei Red Penguins, marchio che ricava una parte economica importante anche dal merchandising.

Oltre al pubblico, stupito e tutto sommato felice di assistere a quegli incredibili spettacoli, le partite attraggono moltissimi ricchi oligarchi a cui quella versione occidentale dello sport piace. Le mazzette di soldi arrotolati però, girano più veloci del disco sul ghiaccio, e tutti questi quattrini destano la curiosità della Krysha, la mafia russa che si forma subito dopo il crollo dell’Unione Sovietica. La quale, sentendosi minacciata da questa bufera a stelle e strisce, decide di metterci prima il naso e poi una dose massiccia di piombo. All’inizio l’infiltrazione malavitosa drena una parte di ricavi nelle larghe tasche dei boss, poi visto che il comitato organizzatore mette in campo efficaci contromosse, sul ghiaccio ci scendono i gangster perpetrando una serie di omicidi.

Sotto il fuoco della mafia russa cadono giocatori, allenatori e dirigenti, come il direttore commerciale Vladimir Bogach, freddato con cinque colpi alla testa secondo il referto ospedaliero, ma non secondo la Federazione Russa di Hockey che come causa di morte riporterà “incidente stradale”. Queste pesanti vicende allontanano gli sponsor, facendo naufragare in poco tempo il progetto, troppo estremo ma soprattutto avveniristico per un paese come quella Russia di fine anni novanta.
Red Penguins rimane comunque una delle storie più incredibili mai scritte nel mondo dello sport. In assoluto.

ALLA BALAUSTRA: PUNTATE PRECEDENTI

15. Galante e cattivo
14. Figli di una lega minore
13. La squadra senza avversari
12. Non è mai troppo tardi
11. Zamboni, il genio del ghiaccio
10. Senza maschera e senza paura
9. La Kraut Line va alla guerra
Prima stagione – Tutti gli articoli

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Pubblicato il 03 Febbraio 2025
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