Cronenberg: “Amo la mia Tesla, non sono sicuro di amare Musk”
Il grande regista ospite al Busto Arsizio Film Festival in collegamento da Londra, traHitchcock e complottismo discute "The Shrouds" con Gianni Canova e Giulio Sangiorgio

Tesla: è questo il tema che accende la chiacchiera tra Canova e Cronenberg. Il critico cinematografico provoca il regista chiedendogli se, alla luce delle vicende recenti, sostituirebbe la Tesla guidata da Karsh, il protagonista del suo The Shrouds. “Tesla non ha nulla a che fare con Elon Musk, è una macchina altamente tecnologica e rende il personaggio più credibile, è plausibile che un appassionato di tecnologia guidi un’auto di questo tipo” risponde Cronenberg. Aggiunge poi di essere alla sua terza Tesla acquistata e conclude ridendo “amo la mia Tesla, non sono sicuro di amare Musk, ma questo è un altro discorso”.
È infatti Gianni Canova ad introdurre la serata, l’autore del “non più bello, ma primo, libro su David Cronenberg”. La sua profonda conoscenza del regista canadese non lascia spazio a domande casuali. In collegamento da Londra, David Cronenberg talvolta si interrompe nel rispondere per non rivelare spoiler al pubblico in sala, mentre le domande poste non si limitano al film, ma spaziano anche alla vita personale dell’autore e alle attualità.
Becca: nelle giornate di Cronenberg o tra le pellicole di Hitchcock?
Nel suo The Shrouds il regista intreccia realtà e simbolismo creando un percorso in cui il confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti appare labile. Non si tratta né di resa alla morte né di sfida alla morte: bensì “fiction, finzione”. Cronenberg ammette che sebbene il pubblico non necessiti di sapere di più sul suo intimo personale e che un film basato su una storia vera non è automaticamente un buon film, The Shrouds può dirsi basato su una vicenda “più o meno vera”. È “fiction, finzione” anche Becca, moglie di Karsh deceduta sette anni prima, ma ancora presenza fondamentale nella sua vita. Becca è una donna morta, forse vissuta due volte, che potrebbe far pensare ad una citazione di Hitchcock ma il regista fa chiarezza: “l’unico collegamento sono io e la mia sensibilità”. Cronenberg spiega che quando scrive le sue sceneggiature “non penso ad altro, cerco di dimenticare gli altri film; i film che ho girato prima vivono in me ovviamente, ma io non ci penso per cercare di creare un mondo nuovo”.
Il corpo non mente, la musica parla
Nel film la paura del complotto è tangibile. Il regista evidenzia come sia difficile distinguere ciò che è vero e ciò che falso, sottolineando come invece i messaggi del corpo siano sempre molto diretti. Riconosce le teorie complottistiche della sua pellicola non come teorie politiche, piuttosto il complotto diventa una strategia per gestire il dolore del lutto. Un apporto parimenti significativo è quello della musica di Howard Shore che pare essere un ulteriore personaggio della scena. Il compositore e il regista vantano un sodalizio artistico che li ha visti insieme per diciassette pellicole. Entrambi canadesi lavorano attraverso la telepatia, “è difficile parlare di musica” scherza l’autore.

L’essenzialità dell’esperienza: Cronenberg e l’evoluzione del suo cinema
Giulio Sangiorgio osserva che questo film ha uno stile più essenziale. Cronenberg conferma. “Quando sei giovane vuoi giocare con tutti gli strumenti a disposizione, non sai cosa funziona e non sai che regista sei, ora con l’età faccio sempre meno film, sempre meno take, ma so cosa voglio e cosa mi serve” afferma. Ai giovani registi conferma che è difficile per qualsiasi film indipendente essere prodotto. Con l’avvento degli streaming e di Netflix, l’industria cinematografica è tendenzialmente conservatrice. Rivela che i suoi figli stanno provando a fare i registri ma è molto difficile trovare un produttore. Chiude confermando interessante e bella la sua collaborazione con Saint Laurent.
Busto Arsizio Film Festival e il fiore della ventitreesima edizione
È Giulio Sangiorgio, direttore artistico della ventitreesima edizione del BAFF, a cui spettano gli onori di casa. Il suo festival non da passerella e senza madrina è il palcoscenico adatto per presentare il “ritorno in sella” di Gabriele Tosi come presidente e per ringraziare il sostegno dell’amministrazione. Il neopresidente si unisce all’augurio del sindaco per la longevità del festival, Antonelli afferma “per dare una risposta credibile ho detto che il BAFF durerà almeno altri 23 anni, ma spero altri 100”. È seguito l’intervento dell’assessora Emanuela Maffioli che ha sottolineato l’importanza della condivisione in ambito culturale, evidenziando come il suo obbiettivo sia “tenere insieme talenti della città, che chiamano talenti da lontano”. Ha confermato la non–passerella in quanto a “Busto Arsizio il cinema c’è sempre”, il BAFF è piuttosto “una speciale occasione di approfondimento, uno sguardo e un punto di vista sul cinema, anche attraverso i grandi”.
Con questa apertura il festival ci porterà da Cronenberg a Frassica, ci accompagnerà nella primavera e, questa volta, porterà non i frutti, ma i fiori della precedente edizione.
È il weekend del Baff a Busto Arsizio. Il grande cinema in città con Cronenberg e Moretti
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