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Fondazione Comunitaria del Varesotto: il lavoro in carcere come chiave per il reinserimento

Durante la visita alla casa circondariale di Busto Arsizio, la Fondazione ha incontrato la direttrice Maria Pitaniello e alcuni volontari. Dal laboratorio tessile alla falegnameria, fino al cioccolato di “Dolci libertà”: il lavoro abbatte la recidiva e offre nuove prospettive

Busto Arsizio varie

«Durante l’ispezione di una cella, incastrati sotto la rete della branda, c’erano dei mozziconi di sigaretta. Il detenuto li aveva nascosti lì per evitare che li rubassero e per fumarli in un secondo momento. Qui c’è molta povertà e disagio. Ecco da dove nasce il mio impegno per creare opportunità di lavoro dentro il carcere. Le statistiche ci dicono che se le persone imparano un lavoro, il tasso di recidiva (cioè la ricaduta nella commissione del reato, ndr) si abbassa notevolmente». A parlare è la direttrice della casa circondariale di Busto Arsizio, Maria Pitaniello, che lo scorso gennaio ha presentato un nuovo progetto per formare dodici detenuti da impiegare nel settore tessile.
Il giorno della presentazione del progetto la direttrice disse: «Formazione e lavoro costituiscono il principale strumento per restituire dignità e offrire opportunità di riscatto alle persone detenute, così come previsto dalla Costituzione. È sulla base di questo convincimento che abbiamo sottoscritto con la Grassi spa di Lonate Pozzolo la convenzione che ha portato all’avvio di un percorso formativo propedeutico all’attivazione di un laboratorio tessile interno all’istituto».
La convenzione che ha dato vita a questo laboratorio, si inserisce all’interno del più ampio protocollo d’intesa per promuovere e sostenere il reinserimento sociale e lavorativo delle persone detenute, ex detenute e in esecuzione penale esterna, sottoscritto dal Prefetto di Varese, Salvatore Pasquariello e dai vertici di altri enti e uffici pubblici, dalle organizzazioni sindacali e dalle associazioni imprenditoriali del territorio, tra cui Confindustria Varese di cui Roberto Grassi è presidente.
(foto sopra da sinistra; Federico Visconti e Paolo Bertocchi)

IL LAVORO ABBATTE LA RECIDIVA

Il tema del lavoro in carcere è fondamentale per avere dei risultati positivi nel percorso di reinserimento sociale dei detenuti. I dati parlano chiaro: il rischio di recidiva tra i detenuti non coinvolti in percorsi di reinserimento lavorativo è pari a circa il 70%. Percentuale che crolla al 2% nelle persone a cui vengono offerte concrete opportunità di formazione e impiego.
È in quest’ottica che una delegazione della Fondazione Comunitaria del Varesotto, costituita dal presidente Federico Visconti, dal segretario generale Massimiliano Pavanello e dal consigliere Paolo Bertocchi, ha fatto visita alla casa circondariale di Busto Arsizio. «Stiamo incontrando le realtà del territorio con cui già collaboriamo – ha detto il presidente Visconti – per conoscerle meglio con l’obiettivo di spostare il modello piuttosto frammentato della fondazione e stabilire collaborazioni reali. Nella nostra raccolta fondi sono già coinvolte realtà che realizzano progetti nella casa circondariale di Busto Arsizio, come la cooperativa Intrecci e le associazioni L’oblò e l’Associazione assistenti carcerati e famiglie di Gallarate».

QUASI TUTTI I DETENUTI VOGLIONO LAVORARE

Il lavoro in carcere non solo dà una prospettiva ai detenuti nel momento del fine pena, in molti casi è un sostegno concreto alle loro famiglie durante il periodo di detenzione che aiuta a ricostruire rapporti familiari ormai sfilacciati e resi difficili dalle condizioni di povertà. A Busto Arsizio, che ospita tra i 420 e i 430 detenuti, la richiesta di un impegno lavorativo è quasi totalitaria. È stata creata una falegnameria e si sta ristrutturando il locale lavanderia per realizzare il laboratorio tessile. Da molti anni al suo interno c’è una fabbrica di cioccolato che realizza prodotti di altissima qualità dove lavorano 40 persone, tra operai liberi e detenuti.
Una sfida iniziata oltre dieci anni fa dall’imprenditore brianzolo Dionigi Colombo che è il coordinatore del laboratorio di “Dolci libertà”, dove lavora anche suo figlio.
«Attualmente, produciamo dolci a base di cioccolato senza glutine – spiega Colombo –  prodotti di alta qualità che possono essere consumati anche da celiachi, distribuiti sia in Italia che all’estero. Qui tutti i lavoratori sono a contratto e vengono formati adeguatamente. Ai nostri ragazzi chiediamo di saper lavorare in team, di collaborare tra loro e la cura scrupolosa degli aspetti sanitari, essendo questa un’attività alimentare. Alcuni di loro, una volta usciti, hanno continuato con l’attività nel settore dolciario, altri con i soldi guadagnati si sono messi in proprio e aiutato le famiglie di origine. Il lavoro è la chiave per rientrare nella società anche se bisogna superare ancora molti pregiudizi».

Busto Arsizio varie
nella foto in piedi da sinistra: Dionigi Colombo, Alessandro d’Odolo Doria, Elisa Carnelli, Oliviro Motta. Seduti, da sinistra: Federico Visconti e Agostino Crotti

I VOLONTARI SONO FONDAMENTALI

Molte delle attività ricreative e di assistenza sono realizzate dai volontari delle associazioni accreditate. Nella loro visita i vertici della Fondazione comunitaria del Varesotto sono stati accompagnati da un gruppo di volontari che operano da anni nella casa circondariale di Busto Arsizio: il diacono Alessandro d’Odolo Doria, Oliviero Motta della cooperativa Intrecci ed Elisa Carnelli attrice e regista della compagnia teatrale L’oblò Liberi dentro che ha costituito una compagnia di attori detenuti.
Il decano dei volontari si chiama Agostino Crotti dell’Associazione assistenti carcerati e famiglie di Gallarate considerato il decano dei volontari che con il contributo della Fondazione Comunitaria del Varesotto ha realizzato la raccolta fondi per il progetto “Noi ci siamo” per garantire un sostegno e la fornitura di generi alimentari, vestiti e scarpe a queste famiglie, oltre a kit per la cura dell’igiene personale e materiale scolastico per i bambini. «Assistiamo circa quaranta famiglie quasi tutte straniere – sottolinea Crotti  – essendo la maggior parte dei detenuti extracomunitari. Facciamo rete con le Caritas e con altri soggetti del territorio perché non possiamo permetterci di essere gli unici sostenitori».
Molti detenuti entrano in carcere in una situazione di assoluta povertà, aggravata dalla lontananza delle famiglie. Ci sono persone che quando arrivano nella casa circondariale di Busto Arsizio non hanno nulla per vestirsi, nemmeno lo stretto necessario e l’associazione cerca di dare una risposta immediata ai loro bisogni essenziali. «Non hanno di che cambiarsi – conclude Crotti -. Le cose più richieste sono spazzolini, dentifricio, shampoo, scarpe e mutande. Bisogni a cui noi provvediamo con l’attività del guardaroba. Alcuni non hanno soldi e così agli indigenti diamo 10 euro al mese, quello che possiamo. L’attenzione alla persona è importante e come tale deve sentirsi considerata. Non dimentichiamo che dove c’è ombra, c’è la luce da recuperare».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it
Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.
Pubblicato il 07 Marzo 2025
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