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La lunga corsa della Polverfolk: un libro e un concerto a Gallarate per celebrare i 50 anni del gruppo

Dalle rive del Ticino all'Irlanda, storia di un gruppo di amici che diventa "collettivo musicale": un viaggio insieme ripercorso da un volume curato da Duilio Garzolino. Che sarà presentato alle Arti con un concerto che è anche solidarietà

Polverfolk

La Polverfolk compie 50 anni: mezzo secolo di attività, da quella prima festa in cui il grande collettivo musicale popolare debuttò (senza ancora avere un nome). Mezzo secolo di musica e concerti – mai interrotti – celebrato con un volume scritto da Duilio Garzolino e con un concerto celebrativo in programma al 2 maggio prossimo al Teatro delle Arti. «Con tutti i musicisti delle diverse formazioni» (foto di apertura: 1980).

Parlare di cinque decenni di Polverfolk vuol dire parlare di un gran numero di musicisti, che in fasi diverse si sono aggregati, sono usciti, sono rientrati nella grande formazione. In mezzo, un nucleo “storico” che rappresenta la continuità dell’esperienza: intorno a un tavolo e ai bicchieri di birra incontriamo Duilio Garzolino, Giuseppe Agape, Beppe Manca, Dario Cecchin.

Partiamo dal libro…
«L’idea di raccogliere la storia è nata nei giorni del funerale di Carlo [Bellora]» racconta Duilio Garzolino. «Era un ringraziamento per quello che ognuno di loro mi ha donato in questi anni, l’amicizia di Dario, gli insegnamenti nella musica di Giuseppe, l’esuberanza di Beppe e l’amore per la sua terra e la tradizione, “l’ordine” che ci ha dato Carlo Bellora. Ognuno mi ha dato qualcosa».

Un viaggio che riporta alle origini, quando a metà anni Settanta un gruppo di ragazzi ventenni s’incrociarono venendo da percorsi diversi.
«Alcuni di noi suonavamo sui gradini della chiesa, all’oratorio, nelle iniziative di don Alberto» dice Giuseppe Agape.
«Io e Francesco Ebbi – continua Beppe Manca – da bambini già suonavamo alla Contrada del Brodo. Le origini sono nell’oratorio e nella contrada, ci frequentavamo. Poi la scuola, gli scout. La radio libera. Il motivo “scatenante” sono stati Duilio e Giuse che hanno iniziato a suonare insieme, Dario è stato il nostro aggregatore, il nostro capitano».

«Poi c’era la prima radio libera, ci siamo incontrati anche lì. Quando abbiamo sentito la Nuova Compagnia di Canto Popolare ci siamo innamorati di quella tradizione, come poi ci siamo innamorati della musica irlandese. Ci piaceva l’aspetto “teatrale”, Dario era un vero frontman, creava una situazione di spettacolo».

E veniamo al primo concerto e al nome… è vero che il nome è stato “casuale”?
«Nasceva da un invito al concerto contro la Grande Malpensa» continua Cecchin. «Siamo andati a questa manifestazione sul Ticino, giù a Maddalena. C’erano i manifesti scritti a mano dagli “indiani metropolitani”. Non avevamo il nome, quando abbiamo visto il manifesto c’era scritto “Ore 21 Polver Folk Meridionale”… ci siamo guardati chiedendosi chi fossimo. E si è scoperto che avevano scritto così dal nome di Mario Polverari. Così è nato Polverfolk. Così: Polverfolk Collettivo Musicale».

Polverfolk
Contrada del brodo, 1978

Come avete esordito? «All’inizio facevamo musica popolare napoletana, più le canzoni di lotta di quel periodo. Duilio è stato onestissimo nel raccontare le modalità e il clima di allora».

«La musica napoletana per noi era una scelta di nicchia – aggiunge Agape – frutto di una ricerca: musiche antiche che richiedevano un arrangiamento, seguendo la Nuova Compagnia di Canto Popolare e con il nostro stile. Come avremmo fatto successivamente con altre tradizioni».

«All’inizio ci hanno a volte contestato che avevamo arrangiamenti non in linea con la tradizione» continua Garzolino. «Ma Giuseppe ha sempre avuto un profondo rispetto per la tradizione con cui si misurava».

E la musica della tradizione celtica, quando è entrata?
«Quando è tornato Mario dalla Bretagna e da Parigi siamo partiti subito, ispirati da quel che ci faceva ascoltare e ci raccontava» continua Cecchin. «Ricordo che ci ha fatto ascoltare una canzone: cos’è questa musica? In estate siamo andati su, ci siamo innamorati. Noi non abbiamo mai usato la dizione di musica celtica. Abbiamo sempre messo del nostro, con il nostro sentire».

«C’era anche un aspetto tecnico importante» continua Garzolino». Ad esempio non c’era la tecnica di fingerpicking, Giuseppe invece già lo faceva»-

E l’Irlanda?
«Dopo i Whisky Trail, fiorentini, sono stati i primissimi. Loro hanno iniziato nel ’75,  noi subito dopo noi, nel ‘76».
«La canzone di Bobby Sands è stata scritta sui racconti del nostro viaggio in Irlanda. Erano episodi veri: i bambini che tirano le bottiglie del latte erano racconti miei» dice Cecchin.
«Io invece ero rimasto folgorato dalla storia di Bobby Sands sulla Rsi, la tv svizzera» aggiunge Duilio. «[La canzone] Bobby Sands è dell’82 ed è rimasta nel cassetto a lungo, per cinque anni. Invece Imprisoned Dream è nata da un’esperienza collettiva a Motta di Livenza, dall’incontro con Bernadette Devlin nel 1995».

Dove erano i luoghi della Polverfolk? Intendo: dove provavate, nelle varie fasi?
«Prima nella cantina di casa Rigamonti, poi per tanti anni nella mia cantina, poi di Carlo. E ancora la Mansarda di Roberto, una cascina tra Busto e Gallarate»

E invece i luoghi dove avete suonato e a cui vi sentite più legati?
Motta di Livenza. Il monte Titano, all’hobbiton. Trento, Salerno, Riccia di Campobasso. Il Regio di Parma all’aperto, il palazzetto di Varese e il Palalido. Livigno fatta in estate e in inverno. Ma anche la Festa della salama da sugo a Poggio Renatico. O il concerto a Quarto Oggiaro, con l’ampificazione fatta con un’auto con i megafoni sopra».

Il gruppo è sempre stato un gruppo dalle “porte aperte”…
«Molta gente è passata nel gruppo, ma poi hanno scelto la professione di musicista, in particolare i violinisti» dice Cecchin.
«La docente di musica di Bellora – aggiunge Agape – gli diceva che suonare con noi lo rovinava nell’impostazione…»

«Nessuno è uscito da Polverfolk sbattendo la porta, si usciva perché si facevano altre scelte, di lavoro, di vita» precisa Agape

Ci sono stati momenti di cesura, di passaggio generazionale, tra le diverse formazioni?
«A fine anni Novanta ci siamo trovati un po’ disorientati, soprattutto per la mancanza di Giuseppe che era uscito per dedicarsi alla famiglia. Dovevamo ricercare un equilibrio. Poi in quel periodo sono entrati Krishna, la Lila, Augusto Gentili come grande arrangiatore. Lì la Polverfolk è diventata un’altra cosa» dice Garzolino. «Io sono uscito nel 2018, poi subito dopo è rientrato Giuseppe».

La lista di tutti i protagonisti della Polverfolk è lunga, compaiono tutti nel libro: Giuseppe Agape, Duilio Garzolino, Beppe Manca, Dario Cecchin, Mario Polverari, Carlo Bellora, Roberto Alba, Francesco Ebbi, Lorenza Sibilia, Simonetta Artuso, Giorgio Neposteri, Giovanni Mirolli, Adalberto Zappalà, Roberto Rainaldi, Rossana Malnati, Daniele Rigamonti, Alessio Lotti, Augusto Gentili, Krishna Nagaraja, Paolo Dal Broi, Elisa “Lil” Madrigali, Matteo Giulaboni, Erica Magarelli, Gaia Ghidini.

«In teatro suoneranno tutti. Ci saranno quattro stagioni diverse. Abbiamo contattato anche tutti quelli che facevano parte della nostra storia, come i Biglietto di Sola Andata, Quelli dell’Usteria»

Ma al di là di questo, c’è mai stata, in questo mezzo secolo, una sospensione dell’attività Live?
«MAI. Se non nell’anno e mezzo del Covid».

polverfolk

Storie e nomi che ritornano nel libro curato da Garzolino.
Il libro è già disponibile, a donazione libera. Si può contribuire anche da questa pagina dedicata alle donazioni: il ricavato del volumetto sarà devoluto a Casa di Eurosia, la casa per persone in difficoltà abitativa di Gallarate.

In attesa della grande festa del 2 maggio al Teatro delle Arti.
«Noi non siamo dei musicisti che casualmente sono amici, ma degli amici che casualmente si sono trovati insieme a suonare insieme. Altrimenti non saremmo andati avanti cinquant’anni…».

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 28 Marzo 2025
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