I docenti sul caso di violenza sessuale a Busto Arsizio: “Serve educazione digitale nelle scuole”
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani solidarizza con la vittima e sottolinea il ruolo dei social network nelle relazioni degli adolescenti: "C'è troppa impreparazione in casa e a scuola"
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani esprime profondo sdegno, dolore e vicinanza alla giovane vittima di un episodio di brutale violenza avvenuto a Busto Arsizio, dove una ragazza di appena 14 anni è stata selvaggiamente aggredita e stuprata da un ventunenne conosciuto online.
Un fatto gravissimo che ci obbliga, ancora una volta, a riflettere sull’urgenza di potenziare l’educazione ai diritti civili, all’affettività, al rispetto dell’altro e, in modo particolare, l’educazione digitale e la consapevolezza dei rischi connessi all’uso dei social network da parte dei più giovani.
La violenza subita da questa ragazza, avvicinata tramite la rete da un adulto che si è finto amico per poi rivelarsi un predatore, rappresenta una ferita profonda per l’intera società. Non possiamo ignorare la responsabilità collettiva nel creare ambienti educativi e sociali più sicuri, in cui i nostri studenti possano sentirsi protetti, informati e ascoltati.
E non è un episodio isolato. Nel giro di pochi mesi, il 2025 ha già registrato un numero allarmante di episodi di violenza contro minorenni. Ragazzi e ragazze colpiti nei luoghi che dovrebbero essere più sicuri: casa, scuola, social network.
Secondo i dati aggiornati da Telefono Azzurro e dalla Polizia Postale, i reati contro minori legati ad adescamento online, abusi fisici e violenza sessuale sono aumentati del 17% rispetto al 2024. I numeri, però, raccontano solo una parte della verità: «Molte vittime non parlano, non denunciano, spesso per paura o vergogna. Si stima che per ogni caso noto ce ne siano almeno tre che restano nell’ombra»I docenti .
Le piattaforme digitali sono diventate il nuovo terreno di caccia per predatori esperti, che si celano dietro profili falsi e strategie manipolative sempre più raffinate. Le vittime più frequenti? Ragazze tra i 12 e i 16 anni, ma anche bambini molto più piccoli finiscono nel mirino.
Nonostante il susseguirsi di fatti di cronaca, le risposte legislative e scolastiche non sembrano tenere il passo. Le campagne di sensibilizzazione sono sporadiche e spesso relegate a giornate simboliche. Nelle scuole italiane, l’educazione all’affettività, alla sessualità e al digitale non è ancora obbligatoria e si affida alla buona volontà di singoli docenti o dirigenti illuminati.
Il Garante per l’Infanzia ha recentemente dichiarato che “serve una legge-quadro sulla prevenzione della violenza sui minori, che integri scuola, sanità e giustizia in un’unica rete di protezione”. Tuttavia, al momento manca una strategia nazionale coordinata.
Anche sul fronte familiare, spesso c’è impreparazione. Troppi genitori sottovalutano i rischi legati all’uso non mediato della rete. C’è ancora resistenza nel parlare apertamente di temi come il consenso, il rispetto dei corpi, i pericoli digitali. E dove manca la parola, prolifera la violenza.
Il CNDDU ritiene fondamentale potenziare, al più presto, alcuni punti chiave nel sistema istruzione come: l’obbligatorietà dell’educazione emotiva e digitale nelle scuole, con programmi strutturati e continui; la formazione specifica per insegnanti e genitori, per riconoscere segnali di disagio e costruire un dialogo efficace con i ragazzi; il potenziamento dei centri di ascolto e delle figure di supporto psicologico nelle scuole e nei servizi territoriali.
Maggior controllo e responsabilità delle piattaforme digitali, che devono implementare sistemi di sicurezza più efficaci per proteggere i minori.
Il 2025 ci sta chiedendo un cambio di paradigma: non basta commuoversi davanti ai fatti di cronaca. Serve un’azione collettiva e strutturata. La tutela dei minori non è un optional: è il fondamento stesso di una società giusta, umana e civile.
Ogni volta che una bambina o un bambino viene violato, è la nostra coscienza collettiva a essere ferita. E a ogni ferita non medicata, cresce il rischio che la prossima tragedia sia ancora più vicina.
Rivolgiamo infine il nostro plauso alle forze di polizia locale intervenute tempestivamente e con coraggio per salvare la giovane e fermare l’aggressore. Alla vittima e alla sua famiglia va tutta la nostra solidarietà e il nostro sostegno morale.
È nostro dovere – come educatori e come cittadini – non restare in silenzio di fronte a simili atrocità e impegnarci ogni giorno affinché la scuola diventi sempre più un presidio di civiltà, diritti e legalità.
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