Italia sempre più anziana e con meno figli: nuovo minimo storico per la natalità, mentre crescono età media e migrazioni
I dati Istat restituiscono l’immagine di un Paese segnato da una persistente crisi della natalità, un progressivo invecchiamento e una crescente dipendenza dalle dinamiche migratorie. L’Italia si trova di fronte a sfide demografiche strutturali enormi

La fotografia scattata dall’Istat nel suo ultimo report sugli indicatori demografici 2024 rivela un Paese che continua ad affrontare un progressivo declino della natalità, un invecchiamento costante della popolazione e dinamiche migratorie sempre più rilevanti. Al centro dell’analisi, un dato simbolico: la fecondità ha toccato un nuovo minimo storico, con appena 1,18 figli per donna, il valore più basso mai registrato in Italia (LEGGI QUI IL DOCUMENTO COMPLETO).
I dati Istat restituiscono l’immagine di un Paese segnato da una persistente crisi della natalità, un progressivo invecchiamento e una crescente dipendenza dalle dinamiche migratorie. L’Italia si trova di fronte a sfide demografiche strutturali che impongono riflessioni urgenti su politiche familiari, redistribuzione territoriale e attrattività per le nuove generazioni.
Natalità ai minimi e famiglie sempre più ridotte
Nel 2024 sono nati circa 370.000 bambini, in calo del 2,6% rispetto al 2023. È il numero più basso di nascite mai registrato nel Paese. Il calo della fecondità si accompagna a un’ulteriore posticipazione della maternità: l’età media al parto è salita a 32,6 anni. La riduzione delle nascite è attribuibile anche al calo della popolazione in età riproduttiva: negli ultimi trent’anni, le donne tra i 15 e i 49 anni sono passate da 14,3 milioni a 11,4 milioni.
L’effetto di questa tendenza si riflette sulla composizione delle famiglie: oltre il 36% delle famiglie è costituito da una sola persona, mentre la dimensione media familiare è scesa a 2,2 componenti, contro i 2,6 degli inizi degli anni Duemila. Anche i matrimoni sono in calo: nel 2024 se ne sono celebrati 173.000, 11.000 in meno rispetto all’anno precedente.
La fecondità, nel 2024, è stimata in 1,18 figli per donna, sotto quindi il valore osservato nel 2023 (1,20) e inferiore al precedente minimo storico di 1,19 figli per donna registrato nel 1995. La contrazione della fecondità riguarda in particolar modo il Nord e il Mezzogiorno. Infatti, mentre nel Centro il numero medio di figli per donna si mantiene stabile (pari a 1,12), nel Nord scende a 1,19 (da 1,21 del 2023) e nel Mezzogiorno a 1,20 (da 1,24). Quest’ultima ripartizione geografica detiene una fecondità relativamente più elevata, ma sperimenta la flessione maggiore. Il calo delle nascite, oltre ad essere determinato dall’ulteriore calo della fecondità, è causato dalla riduzione nel numero dei potenziali genitori, a sua volta risultato del calo del numero medio di figli per donna registrato nei loro anni di nascita.
Un Paese che invecchia: età media in crescita e boom di ultracentenari
L’Italia è sempre più anziana. L’età media della popolazione ha raggiunto 46,8 anni, con un incremento continuo negli ultimi anni. Gli over 65 costituiscono il 24,7% della popolazione, mentre i grandi anziani (85 anni e più) sono oltre 2,4 milioni. Gli ultracentenari superano le 23.500 unità, con una netta prevalenza femminile (83%).
Nonostante l’invecchiamento, si registra un miglioramento della speranza di vita alla nascita, che nel 2024 è salita a 83,4 anni, guadagnando cinque mesi rispetto al 2023. Un segnale che lascia intravedere un recupero stabile dopo gli effetti negativi della pandemia.
La popolazione cala, ma migrano sempre più italiani
Al 1° gennaio 2025 la popolazione residente in Italia è pari a 58,9 milioni, con una riduzione di 37.000 unità rispetto all’anno precedente. La dinamica naturale continua a essere negativa, con 651.000 decessi contro 370.000 nascite, ma il calo complessivo della popolazione è attenuato dalla dinamica migratoria positiva.
Le immigrazioni dall’estero sono state 435.000, mentre le emigrazioni hanno toccato il record degli ultimi decenni con quasi 191.000 espatri, di cui ben 156.000 sono cittadini italiani, in aumento del 36,5% rispetto al 2023. Le destinazioni principali degli italiani sono Germania, Spagna e Regno Unito.
Il saldo migratorio estero, pari a +244.000 unità, si conferma elemento cruciale per contenere il calo demografico interno. Tuttavia, la perdita netta di cittadini italiani (-103.000) è un dato che solleva interrogativi sulle prospettive del Paese in termini di capitale umano e coesione sociale.
L’Italia delle differenze territoriali
Il calo demografico non è uniforme sul territorio. Il Nord mostra una crescita della popolazione (+1,6‰), mentre il Mezzogiorno continua a perdere residenti (-3,8‰), con punte negative nelle Aree interne (-4,7‰). Le regioni con il peggior saldo demografico sono Basilicata e Sardegna, mentre Trentino-Alto Adige ed Emilia-Romagna guidano la classifica della crescita.
Anche la mobilità interna riflette le disuguaglianze: nel 2024 si sono registrati 1,4 milioni di trasferimenti tra Comuni, con un calo dell’1,4%. Il Nord si conferma l’area più attrattiva, mentre il Mezzogiorno perde abitanti, specialmente tra i giovani.
Cittadinanze in aumento, stranieri in crescita
Nel corso del 2024 sono state 217.000 le acquisizioni di cittadinanza italiana, il numero più alto mai registrato. Le principali comunità interessate sono quelle albanese, marocchina e rumena, mentre cresce il peso di cittadini provenienti da India e Bangladesh.
I cittadini stranieri residenti in Italia sono saliti a 5,4 milioni, il 9,2% della popolazione totale. Il Nord resta l’area con la maggiore incidenza, mentre il Mezzogiorno ne registra la presenza più contenuta.
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