Pronto soccorso di Gallarate, l’emergenza e i disagi sono all’ordine del giorno
La tragedia di martedì 22 gennaio e la conseguente reazione violenta dei famigliari della vittima aprono un vaso di Pandora su problemi quotidiani che medici ed infermieri sono costretti ad affrontare
Il giorno dopo la morte di un uomo e la conseguente azione violenta dei famigliari della vittima che hanno devastato il pronto soccorso, in ospedale non si parla di altro.
Sembra un’ovvietà, ma non lo è: perché – dicono anche le tante testimonianze arrivate nel giro di poche ore a VareseNews – l’episodio violento (il giovane morto nel cortile e la furia successiva dei parenti) ha richiamato l’attenzione sulle condizioni del Sant’Antonio Abate, sui disagi vissuti dai pazienti e sulla pressione che vivono ogni giorno gli operatori, medici, infermieri, tecnici.
Il personale del pronto soccorso aggredito martedì pomeriggio è tornato subito al lavoro, anche oggi è alle prese con le richieste d’urgenza. Certo ancora provati dall’episodio, come del resto lo sono anche gli ambienti: nella sala d’aspetto si notano i vetri danneggiati e i pannelli messi a coprire quello andato in frantumi.
A metà giornata di mercoledì il personale ha ricevuto la visita di Aurelio Filippini e Rosanna Pelosin, dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche: «Non mi era mai capitato, come ieri, di sentire colleghi che temessero per la propria vita» dice Filippini (nella foto sotto). «Sono infermieri al servizio dei cittadini: anche nel momento di emergenza hanno cercato di mettere in sicurezza le persone assistite». Erano una trentina le persone presenti in quel momento, in parte fuggite all’esterno, in parte rifugiatesi in astanteria grazie all’intervento degli infermieri. Che oggi «sono qui, ancora al lavoro».
Anche nella mattina di mercoledì il pronto soccorso è stato presidiato da agenti di Polizia, che ieri – insieme alla Polizia Locale – hanno assicurato un controllo costante fino a sera e hanno scortato il personale del Pronto Soccorso all’uscita dal turno. È un dettaglio, questo, che ha molto scosso gli operatori sanitari, perché non si era mai visto. Nonostante – è ben ribadirlo – le aggressioni verbali e anche fisiche al personale siano frequenti, nei vari presidi ospedalieri e anche a Gallarate, anche negli ultimi mesi (ci sono stati segnalati alcuni episodi e anche nella mattina di mercoledì c’è stato un momento di tesione).
Per questo la furia violenta di martedì pomeriggio (insieme all’episodio tragico della morte del trentenne, da cui poi è scaturita) è oggi sulla bocca di tutti gli operatori, di chi beve un caffè al bar prima di iniziare il turno e di chi – facce stanche – fuma una sigaretta al termine dell’orario di lavoro. Qualcuno tira fuori il problema dei senzatetto, che forse non è il primo motivo di preoccupazione, ma contribuisce alla sensazione di difficoltà che si vive sul luogo di cura e di lavoro. Ed è anche commentata dagli utenti dell’ospedale, alle prese con la sensazione di un ospedale in affanno, sui turni di lavoro (la Cgil aveva fatto un esposto proprio sul pronto soccorso), sui reparti man mano accorpati con Busto, sulla stessa cura delle strutture.
«In ematologia ci sono ascensori gli bloccati, andate a vedere», ci dicono nel primo pomeriggio, all’ombra del grigio padiglione polichirurgico. Al padiglione medico un intero blocco di ascensori è bloccato e nei corridoi attendono le barelle.
Sarà materiale anche per il nuovo direttore generale, Eugenio Porfido: da tempo Varesenews chiede un incontro per capire il livello di criticità che esiste nell’intera Asst, ma il dottor Porfido ha preso tempo per «valutare bene e capire come stanno le cose»: aspettiamo risposte e le aspettano anche i lavoratori, gli utenti e i nostri lettori.
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