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Claudio Bossi scopre le storie di altre due vittime italiane del Titanic

Un cameriere piemontese e un passeggero in Prima classe: lo scrittore di Oggiona racconta la lunga caccia ai documenti, che porterà sabato 2 febbraio anche su Rai 1

Generico 2018

Un cameriere e un maggiordomo: sono due italiani, vittime del naufragio del Titanic, identificati con certezza – dopo tanti sforzi e lunghe ricerche – da Claudio Bossi, oggionese, uno dei massimi esperti internazionali della storia del celebre transatlantico.

Gli italiani sul Titanic erano tantissimi, la lista dei nomi è molto lunga ma solo in parte sono stati identificati. «In alcuni casi ci sono errori di trascrizione, soprattutto sui registri americani» spiega Bossi, che è autore dei volumi “Titanic – Storia, leggende e superstizioni sul tragico primo e ultimo viaggi del gigante dei mari”, “Gli enigmi del Titanic” (Enigma Edizioni), “Io e il Titanic” e di un sito internet monotematico (www.titanidiclaudiobossi.com).

Ora a quella lista si aggiungono due nomi certi: il romagnolo Sante Righini classe 1883 di Pisignano di Cervia e il ventenne piemontese Carlo Fey  di Vestignè, provincia di Torino. Il primo era emigrato in America già nel 1903 e si trovava sul transatlantico al servizio di una benestante vedova americana, che ovviamente viaggiava in prima classe: «Sto lavorando alla monografia di Emilio Portalupi (naufrago sopravvissuto, originario di Arcisate, ndr) e spulciando a Ellis Island gli archivi del 1903, l’anno in cui Portalupi arriva in America per la prima volta, mi spunta un S.Righini, imbarcato sul Palatia a Napoli». Grazie ad accurate ricerche è riuscito a identificarlo come un romagnolo di Pisignano, frazione di Cervia: «Sul Titanic era al servizio della ricca Ella Holmes White, imbarcato come “servant”».

Non solo: nel 2018, invitato nel paesino di Burolo di Ivrea per la dedicazione di una via intitolata a un emigrato vittima del Titanic, Bossi aveva colto la traccia giusta per identificare un’altra vittima, di cui aveva informazioni imprecise. «Il giornale  “Il lavoro” di Genova scrisse di un certo Carlo Fey 19enne di Fina di Ivrea, ma non ero mai riuscito ad arrivarci. Era Tina di Vestignè, allora Comune autonomo, e solo grazie alla passione di una dipendente comunale abbiamo trovato la traccia giusta». Un documento dell’anagrafe dell’allora Comune di Tina,  che riporta l’indicazione “Scomparso nel naufragio del Titanic” accanto al nome di Fey. Lavorava nell’esclusivo Ristorante A’ la Carte della prestigiosa nave.

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Claudio Bossi, foto @bbruno

Claudio Bossi aveva già certificato la presenza sul Titanic di trentotto nostri connazionali. Si trattava in prevalenza di personale del ristorante di bordo, e solo in piccola parte, solo otto di essi, passeggeri. «Gli italiani erano considerati il personale di ristorazione più affidabile», prosegue Bossi. «Potrebbero esserci stati altri italiani in terza classe, quella in cui si imbarcavano gli emigranti, ma non sempre le registrazioni dei passeggeri di terza classe erano corrette e complete, e poi spesso gli italiani venivano mescolati con i francesi».

Sabato 2 febbraio Claudio Bossi presenterà le sue ricerche anche su Rai 1, nel programma Italia Sì, dalle 16.45. Nel frattempo sta continuando le ricerche sulla storia di Emilio Portaluppi, per risolvere i misteri sulla storia del picasass della Valceresio sopravvissuto al naufragio.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 01 Febbraio 2019
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