Il ruggito dei motori per Alberto davanti alla “scalinata del paradiso”
Nella piccola chiesa di Orago il saluto ad Alberto Paladino, morto in concerto sabato sera. Tante "famiglie" diverse, unite dall'affetto per lui
Non c’erano vestiti scuri da cerimonia, all’ultimo saluto ad Alberto Paladino. Ma tante “famiglie” diverse, ognuna con la sua divisa. I giubbotti di pelle e i caschi dei biker; le magliette nere dei Ticket, il suo gruppo; le mimetiche dei cacciatori. E ancora tantissimi amici, assiepati intorno al microscopico sagrato della chiesa di Orago. Tutti venuti a salutare una persona importante per loro, per tanti.
«Non basterebbe una vita intera a raccontare quello che sei stato» ha detto nel saluto finale il figlio Alessio, salito sull’altare insieme a sua sorella Fabiana. A ricordare il papà, ma anche il musicista che condivideva la musica persino a tavola, con la sua «numerosa famiglia, che ormai arriva fino in Honduras, in Scozia, in Guatemala», lui che veniva da una famiglia d’origine numerosa come una squadra di calcio.
E ancora il biker, che sabato sera festeggiava – in musica – il gruppo dei Jaguar, il “chapter” che si è presentato in forze a Orago. Per salutare con il ruggito dei motori, dopo le note di Wish you were here in una registrazione live, l’ultimo viaggio di Alberto. Era una delle sue canzoni più amate, insieme a Starway to heaven: «Nessuno immaginava che ti saresti immedesimato così tanto da percorrere quella “scalinata al cielo” che cantavi».
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