Acque sporche: le manovre del gruppo Caianiello sul depuratore di Sant’Antonino
Il ciclo dell’acqua è uno dei centri di spesa e di potere. Gli affari ruotano anche intorno al depuratore dell’Arno, dove era prevista la realizzazione di un impianto di trattamento fanghi. Ed è qui che spunta di nuovo il legame con l'imprenditore milanese D'Alfonso e "i calabresi"
Sono acque torbide, quelle della provincia di Varese. Perché il ciclo dell’acqua – rete in gran parte invisibile, quella dei pozzi, dei tubi, delle fognature – diventa una centrale di spesa e di corruzione gigantesca. Acque inquinate da corruzione, tangenti, clientelismo.
Molti degli affari del gruppo Caianiello (e per suo tramite, anche dell’imprenditore milanese D’Alfonso) girano intorno ad Alfa srl, il gestore unico avviato da pochi anni e che serve l’intera provincia. Ma non solo: nelle carte compare anche il depuratore di Sant’Antonino Ticino. Il terreno è della Tutela Ambientale Arno Rile Tenore, la gestione sarà affidata a Prealpi Servizi.
L’affare, a Sant’Antonino, frazione di Lonate Pozzolo, è legato all’impianto di trattamento dei fanghi intorno a cui il gruppo si attiva. Un impianto che – tra l’altro – solleva non poche preoccupazioni tra gli abitanti del paesone alle porte di Malpensa, come in generale c’è attenzione all’impatto ambientale del depuratore. Le opposizioni locali si mobilitano, il centrosinistra dei Democratici Uniti e anche la lista che si è staccata già da un paio d’anni da Forza Italia
«Io ho finalmente…ho l’opportunità di chiudere ‘sta storia di Prealpi Servizi in Alfa, se no non ne vengo più fuori, capito?!» dice Caianiello – intercettato – il 24 gennaio del 2019. L’arresto di Rivolta nel 2017 ha privato Caianiello di un appoggio locale che rispondesse a lui (in municipio nel 2018 c’è stata totale discontinuità, con la vittoria di una lista civica). E all’interno di Prealpi Servizi la scomparsa del direttore generale rischia di mettere in crisi i progetti.
Per questo bisogna accelerare. Secondo la ricostruzione della Procura, accolta nell’ordinanza del Gip che ha disposto le misure cautelari, è l’avvocato Stefano Besani a prendersi cura della cosa, curando l’affidamento da parte della società Tutela Ambientale Arno Rile Tenore di una perizia sostanzialmente “falsa”, dice la Procura, perché già scritta, una fotocopia di quella già fatta da Prealpi Servizi, il futuro gestore. Besani indica il nome di un professionista e dice che la cosa si fa in fretta, «perché ha in mano la perizia che ha fatto Prealpi, va lì dice “si è vero!”…». Insomma, tutto già scritto.
La Arno Rile Tenore è affidata a Giuseppe Filoni, già consigliere comunale a Gallarate, che secondo i magistrati sarebbe uno degli uomini di più stretta fiducia di Caianiello. La società affida regolarmente incarichi di consulenza a professionisti scelti dal “mullah”, che poi verseranno al grande tessitore “la decima”, vale a dire la decima parte del valore degli incarichi. Filoni è stato sentito giovedì ed è indagato per abuso d’ufficio (al momento fa sapere di non rilasciare alcuna dichiarazione).
Nelle carte emerge anche che Filoni viene a contatto anche con Daniele D’Alfonso, la figura centrale nella parte milanese dell’inchiesta. Legato ai «calabresi», dice lo stesso Filoni, registrato a colloquio con Caianiello e con un altro imprenditore (che conferma citando un cantiere gestito «vent’anni fa»). Nella parte milanese dell’inchiesta lo stesso D’Alfonso ha un rapporto continuo con i calabresi del clan Molluso, che di fatto hanno cannibalizzato la sua azienda.
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