La caduta di Cardano: dopo ventisei anni hanno la meglio le divisioni
Per vent'anni Cardano è stato un modello di centrosinistra largo, capace di includere. Il divorzio tra sinistra e centristi, l'alleanza anomala con Forza Italia, sono stati l'atto finale di attriti già emersi. Ora c'è un modello nuovo da creare
Ventisei anni di governo di centrosinistra, un “modello” a lungo riconosciuto a livello provinciale. Messo in crisi dalle divisioni che hanno aperto crepe, hanno appannato l’azione amministrativa, sono sfociate nel divorzio alle urne tra le due diverse anime: la “caduta” di Cardano al Campo – conquistata da Lega e Fratelli d’Italia – è uno dei dati più significativi delle amministrative 2019, in provincia di Varese.
«Abbiamo perso la nostra Stalingrado», dicevano con amara autoironiala sera di lunedì, nel cortile della Casa del Popolo. La destra – senza Forza Italia – vince con il 41%, 377 voti in più dello sfidante Sergio Biganzoli (36,7%), che aveva l’appoggio dei “liberal” cardanesi, in una inedita (qui) alleanza tra Pd e Forza Italia.
La sinistra – Rifondazione, qualche indipendente, ma anche votanti del Pd – ottiene un corposo 22%, che indica un radicamento vero dell’area progressista.
La rottura consumata negli ultimi mesi, passata per il “sacrificio” del sindaco uscente Angelo Bellora, è l’atto finale. Ma è atto finale di una guerra di posizione e d’attrito che andava avanti da anni.
Il modello Cardano – nato dalla coabitazione tra gli eredi del Pci ed ex Dc – aveva la sua forza forse anche nella presenza di due anime indipendenti, con persone di sinistra che si riconoscevano in un progetto senza avere una tessera (simbolo: la Casa del Popolo, in anni più recenti il circolo) e con i Popolari, sempre rimasti orgogliosamente autonomi. Un modello che aveva saputo fare i conti con la necessità di ritrovare man mano unità e che ha sfruttato con sapienza politica il voto a turno unico, tirando fuori un’amministrazione anche da una minoranza relativa.
Poi il modello è andato in crisi: la maggioranza aveva visto sfilarsi prima i popolari, sette anni fa. Mentre si moltiplicavano gli attriti, politici e quasi personali, soprattutto dopo la scomparsa di Laura Prati. La dialettica ha faticato a produrre sintesi.
Lo diciamo con una immagine: a fine giugno 2013 viene inaugurata la “Casa Paolo VI”, intitolata al pontefice, con la sala pubblica dedicata a Ipazia D’Alessandria, la filosofa greca uccisa dai fondamentalisti cristiani nel V secolo e assurta a simbolo di libertà di pensiero. Due dedicazioni che parevano quasi in contrasto (anche se, nel segno del principio della libertà di coscienza, si poteva tenerle insieme).
In mezzo, negli ultimi anni, c’è finito anche il sindaco Angelo Bellora, che ha dimostrato fino all’ultimo giorno la fedeltà all’impegno amministrativo ed è stato infine scavalcato dalla rottura tra le due anime e dall’operazione centrista.
La rinuncia a ricandidare un sindaco uscente raramente è scelta vincente e l’esito è stato infausto. Eppure lo stesso esito dice da un lato che la sinistra che si richiama a valori forti è ben radicata, dall’altra che i centristi hanno una capacità di mobilitare energie nuove e positive.
Dopo cinque lustri si mette la parola fine al modello Cardano, nel mezzo di una stagione in cui molti schemi saltano, molto viene rivoluzionato e in cui sembrano emergere nuove linee di faglia.
Il modello di ventisei anni è passato, ce n’è un altro da costruire.
(nella foto: Pellizza da Volpedo, Ambasciatori della fame, 1891, prima versione del celebre Quarto Stato)
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