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Saranno i rifiuti ospedalieri e speciali a “salvare” Accam?

Il Piano industriale verso il 2027 prevede la fine del regime "in house" e le contromisure. Tra cui anche la previsione di un aumento dei rifiuti speciali: il maggior cliente privato dell'impianto serve gli ospedali, che oggi producono anche di più causa Coronavirus

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Saranno i rifiuti ospedalieri a salvare i conti di Accam? È uno scenario evocato anche dal Piano Industriale che sarà presentato oggi pomeriggio – venerdì 17 aprile – agli azionisti, vale a dire ai Comuni, in un’assemblea ordinaria convocata per le 17 negli uffici di via per Arconate.

Le linee strategiche sono quelle già tracciate nell’assemblea del 28 febbraio 2020. Che teneva conto del danno (diretto e indiretto) causato dall’incendio del 14 gennaio ma anche di un altro passaggio fondamentale: l’uscita dall’affidamento in house, che fa sì che nei forni di Accam finiscano oggi in automatico e senza gara i rifiuti di tutti i Comuni soci.

«Accam non è più interlocutore automatico: l’impianto continua a garantire il servizio ma l’affidamento passerà dalle gare dei singoli Comuni» spiega il presidente Angelo Bellora. «Il Piano industriale si basa sull’ipotesi che non avremo identici conferimenti».

L’ipotesi nel piano è che i conferimenti di rifiuti solidi urbani vadano riducendosi dal 43% del 2019 al 27 del 2020, fino al 19% calcolato sugli anni successivi. E allora come si “compensa” la perdita? L’ipotesi è che aumenti il trattamento dei rifiuti ingombranti (che salirebbero, in percentuale, dal’8% del 2019 al 14% nel 2023) e soprattutto i rifiuti speciali e sanitari, che passerebbero dal 16% dello scorso anno al 44-45% nei prossimi anni, fino al 2027.

Il settore dei rifiuti ospedalieri oggi si riflette nel maggior cliente privato dell’impianto, una società che si occupa di smaltimento servendo le maggiori aziende sanitarie del Nord: prevedibile, qui, un drastico aumento dei rifiuti prodotti a causa dell’emergenza Coronavirus. Mascherine, camici, guanti, tamponi, materiali di ogni genere usati a tonnellate ogni giorno.

Nel piano c’è anche la previsione su produzione di energia e relativi ricavi. Con la presa d’atto di un crollo nel 2020 (causa lo stop alle turbine post incendio e causa contrazione della domanda di energia elettrica per lo stop di molte attività in periodo di lockdown). Anche negli anni successivi è previsto un ricavo contenuto rispetto al dato del 2019: si passerebbe da 62,33 euro per Megawatt/ora a 50.

Anche in questo caso sulla già incerta situazione di Accam pesano appunto anche i danni dell’incendio, valutati in 3 milioni di euro tra diretti (1,6 milioni) e indiretti. Il Piano economico-finanziario recepisce anche le manovre attuate in questi primi mesi per “assorbire” il colpo: «Abbiamo previsto fatturazione e pagamenti più celeri da parte dei clienti per assicurare liquidità, abbiamo aggiornato i pagamenti con i fornitori, abbiamo concordato modalità diverse con il nostro maggior cliente privato» assicura Bellora. 

E il futuro? «Il piano ora non prevede scenario post-2027: ci siamo focalizzati a garantire la operatività fino a quella data. L’impianto andrà a fine vita a quella data, essendo stato rinnovato completamente nel 2000, a differenza di quanto ripete chi dice che risale agli anni Settanta». La prospettiva del superamento dell’inceneritore comunque non solleva dal pensare a quanto si farà dopo: «Qualsiasi sia il destino dell’area e della società, occorrerà iniziare a ragionare presto, tenuto conto dei tempi autorizzativi». Detta in modo più chiaro: se per farsi autorizzare impianti di tipo diverso (ad esempio: trattamento della Forsu) sono necessari 4-5 anni, per essere pronti al 2027 occorrerà partire quanto prima.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 17 Aprile 2020
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