Politica, giornalismo, cultura e Coronavirus: Tommaso Labate a Filosofarti
Filosofarti ha ripreso gli incontri "a distanza", partendo da Tommaso Labate che, insieme a Matteo Inzaghi, ha parlato di politica e giornalismo e di come il Coronavirus ha influito
«Citando l’intervista di Vittorio Colao rilasciata al “Corriere della Sera”, non possiamo sprecare l’occasione di questa crisi: stiamo pagando un prezzo incredibile dal punto degli affetti, di lavoro e di economia. Dobbiamo avere qualcosa indietro».
Tommaso Labate, giornalista politico del “Corriere della Sera”, sarebbe stato uno degli ospiti più attesi al festival di Filosofarti 2020, stroncato sul nascere dall’epidemia del Coronavirus e dal conseguente lockdown del paese.
L’iniziativa culturale ora ha ripreso in diretta streaming sul canale YouTube. Dopo l’incontro virtuale di qualche settimana fa con Dario Bressanini, sabato 2 maggio è stata inaugurata questa “rinascita” ufficiale con l’intervista di Matteo Inzaghi a Labate.
La riflessione sul giornalismo politico al giorno d’oggi non può certamente esulare dal Covid-19. «Il giornalismo ha subito tanti scossoni», commenta Labate, «ma credo che la sua natura tradizionale – sia di carta, sia online, sia radiofonico – ne sia uscita vincente. Possiamo misurarne l’autorevolezza sulle note allarmistiche di Whatsapp: queste, dopo una prima fase in cui anche noi giornalisti eravamo confusi, sono scomparse dal perimetro della nostra attenzione». Secondo il giornalista l’informazione è riuscita a «tenere botta».
Come si sta comportando il governo dal punto di vista politico?
«È una valutazione complicata, perché gli indici di popolarità danno il governo molto alto. A dispetto di quanto si sente nel sottobosco della politica, Conte e i suoi dovrebbero fare una riflessione: nell’inverno del 2011, quando l’allora presidente Mario Monti chiedeva i sacrifici in base al decreto “Salva Italia”, più erano alti i sacrifici richiesti più era alto il consenso. Il fatto che, poi, quel consenso sia inspiegabilmente collato al diminuire delle richieste dei sacrifici è perché gli italiani non hanno visto il corrispettivo in premio di quei sacrifici. Agli italiani, due mesi fa, sono stati chiesti dei sacrifici che non potevano non fare, ma penso che la curva del consenso possa diminuire qualora il paese non sentisse che non è pronta una ricetta per partire».
Quanto alle richieste di un governo di larghe intese e di unità nazionale che si leggevano nelle ultime settimane, Labate non ne vede la necessità: «L’unità nazionale serve quando il paese è sull’orlo di una spaccatura, non sussiste quando non c’è un sondaggio che non dia al governo una popolarità inferiore alla stragrande maggioranza del paese». «Paradossalmente – continua – avremmo avuto bisogno della solidarietà nazionale qualche mese fa. In questo momento il paese sta con il governo, ma la situazione potrebbe cambiare».
Si fida dell’app Immuni?
«Sì. Esiste solo una fetta di italiani che ha tutti i titoli di riservare delle proteste alla violazione della privacy e alla cessione dei dati: quelli che non hanno alcun social network e che non hanno mai ordinato una pizza a domicilio. In questo caso si tratta della tutela nostra e degli altri: conta sapere di essere entrati in un contesto in cui si è sviluppata la malattia e sapere chi l’ha trasmessa. L’app Immuni ci dà la possibilità di estendere la nostra generosità anonima a tutti quelli che abbiamo incontrato nel nostro cammino».
Labate si è poi dimostrato ottimista verso la vicinanza delle persone nei confronti del settore artistico-culturale, che, invece, sembra essere stato dimenticato dal governo: «Una maggiore influenza della cultura è uno dei jolly che potremo utilizzare quando tutto questo sarà finito. Le persone, in questi due mesi, hanno letto e guardato film di qualità, sono molto più aperte ora che si sono interfacciate con prodotti artistico-culturali e sono quindi molto più attrezzate».
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