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Un anno dopo i primi morti da Covid: “Se chiudiamo gli occhi li vediamo andare via in ambulanza”

A un anno dal lockdown e da quei terribili giorni di marzo, a Samarate è stata inaugurata la panchina in ricordo delle vittime del Covid-19. La testimonianza di Eliseo Sanfelice e Lorella Macchi, che hanno ricordato i propri cari

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«Io e i miei genitori abitavamo vicini, ogni volta che scendo al piano di sotto per andare in lavanderia li rivedo mentre venivano portati via dall’ambulanza. Quella è stata l’ultima volta che li ho visti». A parlare è Lorella Macchi, che ha perso entrambi i genitori l’anno scorso per Covid-19. La madre, Carla Brogioli, scomparsa il 23 marzo, è stata la prima vittima di Samarate; tre giorni dopo è stata seguita dal marito, Felice Macchi.

In quei giorni di marzo 2020, che sembrano ancora così vicini a distanza di un anno, Macchi ed Eliseo Sanfelice (anch’egli ha perso il padre, Lionello Sanfelice, per Covid-19, la diciannovesima vittima samaratese) hanno condiviso il dolore e la vicinanza reciproca: «Ci siamo sentiti molto vicini. Ci ha colpito il non aver potuto accompagnare i nostri cari fino alla morte, stringendoli tra la nostre braccia». Per fortuna, continuano, ci sono state le videochiamate per salutarli un’ultima volta: «Li abbiamo sentiti in videochiamata qualche ora prima del decesso».

A tormentare i famigliari delle vittime del virus è però l’ultimo ricordo dei propri cari: «Ho visto mio padre andare via in ambulanza e l’ho rivisto qualche settimana dopo in una bara; è stato scioccante», racconta Sanfelice. «Se chiudo gli occhi li rivedo via mentre vanno via con l’ambulanza», continua Macchi.

Per i coniugi Macchi, inoltre, non è stato potuto fare un funerale appropriato, dato che le restrizioni del lockdown non lo permettevano: «Li abbiamo solo seppelliti. Devo ringraziare don Giorgio che è rimasto con noi anche dopo la benedizione, fino alla fine della sepoltura: la sua presenza ci ha molto confortato. Entrare nel cimitero, lasciato all’incuria a causa del lockdown, è stato molto strano». Sanfelice, invece, è riuscito a salutare il padre con un piccolo rito funebre all’aperto, a cui hanno potuto partecipare solo quindici persone.

A distanza di quasi un anno i due sentono di non aver potuto processare il lutto in maniera adeguata. «Ciò che ci accomuna a tutti i famigliari e gli amici delle 30 vittime samaratesi è la fatica di superare quel doloroso momento: non abbiamo ancora maturato il lutto». La panchina con il tricolore al parco di Villa Montevecchio, donata dalla Fondazione Montevecchio, è nata con questa finalità: ricordare le vittime del Covid-19 e stare vicini ai parenti.

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La panchina per le vittime di Covid-19 e per i loro famigliari

Alla sobria inaugurazione della panchina, avvenuta oggi, giovedì 18 marzo, Giornata nazionale delle vittime del Covid, era presente anche il sindaco Enrico Puricelli. «Un anno fa di questi tempi stavamo vivendo momenti drammatici. Il ricordo più brutto per me è la morte del padre di Lorella; sembrava una storia che non dovesse finire mai. Ricordo il municipio semideserto, sembrava il castello dei fantasmi», ricorda il primo cittadino. «Ricevevo le telefonate dei parenti o delle persone che stavano male e che non potevano ricevere il tampone», continua.

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 Lorella Macchi, Eliseo Sanfelice e il sindaco Enrico Puricelli

«Devo ringraziare il sindaco e la Protezione Civile – afferma Sanfelice – per la vicinanza». «Ringrazio tanto il sindaco – continua Macchi – che mi è stato d’aiuto morale e burocratico: ci siamo sentiti molto meno soli».

«Samarate fin fa subito ha dimostrato vicinanza ai propri concittadini, rispondendo in maniera ottimale: i volontari del Centro operativo comunale sono stati preziosissimi, aiutando le persone fragili e sole e le famiglie in quarantena. Purtroppo non ne siamo ancora fuori del tutto: la cosa più drammatica è che le persone continuano a entrare in terapia intensiva. Siamo all’inizio dell’inizio», precisa e conclude Puricelli.

Nicole Erbetti
nicole.erbetti@gmail.com
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Pubblicato il 18 Marzo 2021
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