Tutta questa fretta sull’inceneritore Accam ha creato qualche malumore
I progetti sulla new.co., poi varata nella giornata di lunedì, sono cambiati nel giro di pochi giorni. E tra consigli comunali saltati e sindaci un po' stizziti, qualche problema c'è (anche se poi Legnano e Busto hanno numeri per decidere)
Il varo della new.co. di Accam, con una partita giocata tra Legnano e Busto Arsizio, lascia qualche strascico tra i Comuni.
Ci sono i “dissidenti” nell’Alto Milanese, vale a dire Castano Primo, Canegrate e Rescaldina, ma anche nella zona di Gallarate e dintorni l’operazione societaria non è andata via proprio liscia.
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Riassunto rapidissimo: Accam rischia(va) di fallire e Legnano e Busto si sono accordate per intervenire attraverso le proprie partecipate, Amga e Agesp, a cui si aggiunge Cap Holding. Si doveva varare il tutto entro il 31 marzo per evitare il fallimento e così, dopo anni di discussioni, si è dovuto fare di gran fretta le scelte operative.
Ora: nell’ultimo piano – approvato – il salvataggio passa attraverso Aemme Linea Ambiente, che non è partecipata solo dalla legnanese Amga, ma anche (seppur con quota ampiamente minoritaria) dalla gallaratese Amsc.
E Gallarate non ha gradito le giravolte dell’ultima settimana, con il piano modificato nel giro di giorni, se non di ore: «Non può decidere un amministratore di una partecipata, sarebbe stato opportuno che le decisioni fossero condivise» ha lamentato il sindaco Andrea Cassani. Tra municipio di Gallarate e Amga c’erano stati contatti («l’avvocato Menaldi, amministratore unico di Amga, mi ha detto che mi avrebbe tenuto informato») ma poi la fretta degli ultimi giorni ha finito per bypassare i sindaci azionisti di minoranza.
«Che il sindaco di Legnano voglia spalmare il debito anche su altri non mi va bene» ha attaccato Cassani in consiglio comunale lunedì sera. Questione di metodo (e di soldi), giacché invece non dispiace – in sé – la prospettiva della new.co. che porti avanti l’inceneritore ed eviti la fine di Accam con relativi costi di liquidazione e bonifica.
Peggio è andata a Cardano al Campo, dove si doveva ancora votare l’atto d’indirizzo in consiglio comunale: venerdì le opposizioni hanno disertato il voto ed è mancato il numero legale, la maggioranza non aveva i numeri per votare da sola. «Ho peccato di ingenuità», ha detto il sindaco Maurizio Colombo, ammettendo che confidava che la minoranza – in questo caso – avrebbe fatto da stampella alla maggioranza, a cui mancavano quattro consiglieri in aula.
«Una farsa» l’ha definita il capogruppo di minoranza (Progetto Comune) Sergio Biganzoli. «La farsa l’hanno fatta loro» ha ribattuto l’assessore all’urbanistica e lavori pubblici Vito Rosiello. Progetto Comune e l’altra forza di minoranza, la sinistra di Cardano È, hanno lasciato l’aula adducendo come motivazione l’assenza di documenti («nella cartella c’era solo la delibera senza nessun documento aggiuntivo, e senza dettagli sui risvolti dell’operazione) mentre l’amministrazione dice di aver fatto di tutto per fornire i documenti. E a questo punto la minoranza solleva anche il punto politico: «Se poi con questo veniva meno il numero legale – dice ancora Biganzoli – è bene che si chiedano all’interno della maggioranza dove stavano i consiglieri mancati». Vero o meno che ci siano problemi in maggioranza, di certo la fretta qualche problema l’ha creato.
Insomma: anche nel fronte del centrodestra (Comuni a guida centrodestra, s’intende) non mancano i malumori, così come in una parte centrosinistra. Diverse le motivazioni: a Gallarate l’accento è sul tema economico, nei tre Comuni “dissidenti” dell’Alto Milanese invece si voleva una svolta green più decisa rispetto a quella che pure il sindaco legnanese Radice difende come mediazione.
E non è forse un caso che dubbi e malumori siano trasversali ai due campi della politica, nelle file degli azionisti di minoranza: perché poi alla fine sulla società hanno deciso soprattutto Legnano e Busto. Diverse per colore politico, ma titolari delle quote sufficienti a decidere in autonomia.
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