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Profughi afghani, la provincia si mobilita. Partendo dagli atleti dello sci

Sono oggi sei i Comuni che hanno dato disponibilità ad accogliere, si attivano anche i privati. Una situazione particolare riguarda Buguggiate, dove è partita una iniziativa per un gruppo di atleti e le loro famiglie

sciatori afghanistan

Si mobilita un’ampia rete di solidarietà, per l’accoglienza dei profughi provenienti dall’Afghanistan.

Il soccorso a chi fugge dai talebani, l’aiuto a chi (le donne, gli sportivi, gli attivisti dei diritti umani) ha rappresentato una sfida di libertà negli anni passati hanno suscitato una partecipazione emotiva di molti e una disponibilità per certi versi inedita. Capace anche di superare gli steccati tra centrodestra e centrosinistra, su un tema – l’accoglienza di migranti – che in passato ha visto barricate contrapposte.

La mobilitazione ha toccato prima di tutto i sindaci, che da rappresentanti dei Comuni hanno risposto all’appello di Anci, anche se i contorni dell’impegno (ripartizione dei profughi, modalità) sono ancora da chiarire. Ma c’è anche un impegno “dal basso” di singole persone pronte a mobilitarsi, con segnalazioni di disponibilità a mettere a disposizione spazi.

Una storia particolare è quella degli sciatori afghani: un gruppo di ventidue persone, tra atleti e famigliari, che hanno chiesto asilo politico in Italia (altri sette sono in Francia). L’operazione di “salvataggio” è animata in Italia da un imprenditore di Buguggiate, Roberto Baratelli, che ha un legame con il “Bamyan Ski Club” (foto dal sito).

Gli sciatori in fuga dall’Afghanistan, destinazione Buguggiate

Buguggiate si è ritrovata così un po’ d’improvviso al centro della questione rifugiati. Il sindaco Matteo Sambo spiega che la situazione è ancora in divenire ma poggia su un canale istituzionale: «Sono stati trasferiti dall’Afganistan con un aereo dell’Aeronautica Militare, ora sono a Roma per iniziare le pratiche per lo status di rifugiati politici» spiega il primo cittadino, che sta avendo un confronto anche con i Comuni contermini e con Varese.

Varese è infatti uno dei Comuni della provincia che hanno dato la disponibilità ad accogliere rifugiati. Oltre a Varese si sono fatti avanti anche Saronno, Maccagno con Pino e Veddasca, Cavaria con Premezzo. Porte aperte anche a Malnate, dice la sindaca Irene Bellifemine: «Non abbiamo ancora ricevuto richieste per ospitare, ma sicuramente nel caso ci fosse bisogno non ci tireremo indietro. Facciamo parte anche del Garante per l’Infanzia, motivo in più per metterci a disposizione». Appena oltre i confini provinciali c’è anche la disponibilità di Legnano.

Non è solo una questione istituzionale: la disponibilità dei sindaci è stata accompagnata anche da una mobilitazione dei cittadini. «Diversi privati mi hanno già contattato mettendosi a disposizione per accogliere i rifugiati» spiega ancora da Malnate la sindaca Bellifemine. Mobiliutazione anche a Buguggiate: «Abbiamo già ricevuto richieste per contribuire con cibo e vestiti. È prematuro in questa fase, ma il riferimento rimarrà il gruppo comunale di Protezione Civile».

Un buon punto di riferimento – lo raccontano alcuni sindaci – sono le esperienze di Comerio e Maccagno con Pino e Veddasca, che hanno una storia di accoglienza comunitaria (qui un approfondimento). Anche a Legnano si sta attivando la società civile.

Non manca anche qualche polemica: a Buguggiate ad esempio la Lega ha lamentato assenza di informazioni indicando i rifugiati come «migranti clandestini profughi» (con un uso un po’ spericolato delle parole, riferendosi a persone evacuate dalle autorità). C’è però anche da registrare – come si diceva in apertura – che sull’accoglienza a chi fugge dalle persecuzioni c’è un clima di collaborazione più ampia che in altri casi, anche a livello politico.

A Saronno Forza Italia ha aperto al dialogo con la maggioranza di centrodestra sul tema.  Ma l’esempio più valido è quello del Comune di Cavaria con Premezzo che – pur con amministrazione di centrodestra a guida Lega – si è unita alla schiera di Comuni disponibili all’accoglienza delle famiglie in fuga dai taliban.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 25 Agosto 2021
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