L’importanza della matematica nell’era dell’intelligenza artificiale: una sfida per il presente e il futuro
"Questione di dati" una nuova rubrica dedicata al business analitycs e alla statistica curata dai Chiara Cigliarano e Paolo Crespi professori ordinari alla Liuc di Castellanza
![questione di dati](https://www.varesenews.it/photogallery_new/images/2023/07/questione-di-dati-1467074.610x431.jpg)
C’è chi dice che si scopre e chi dice che si inventa. Louis Nirenberg, che la conosceva bene, diceva che a volte la si scopre e a volte la si inventa. Stiamo parlando della matematica, materia ostica per pregiudizio, sintetizzato dal luogo comune: “Non sono portato/a per la materia”. La verità è che la matematica è un linguaggio complesso, altamente simbolico che richiede molto studio e passione, in grado di migliorare notevolmente le nostre vite. Insomma, interessarsi ai numeri anziché subirli, conviene soprattutto oggi nell’era dell’intelligenza artificiale.
Paolo Crespi e Chiara Cigliarano, rispettivamente professore ordinario di matematica applicata e coordinatore del Business Analytics and data science hub e professore ordinario di statistica economica all’università Liuc di Castellanza, inaugurano una nuova rubrica “Questione di dati” su Varesenews dedicata all’intelligenza artificiale e alla scienza dei dati.
E se siete ancora convinti di non essere portati, allora lasciatevi trasportare senza pregiudizio da questi due studiosi nel favoloso mondo dei numeri.
Buona lettura
Michele Mancino
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Serve ancora insegnare e studiare “matematica”? La risposta negativa di molti studenti di oggi, come di ieri, è quasi scontata e, spesso, frutto di pessimi ricordi e di scottanti insuccessi. Tuttavia, il quesito è di grande attualità nel mondo moderno, condizionato dall’aumento delle applicazioni dell’intelligenza artificiale (IA) “tascabile”.
Circa 40 anni fa, la minaccia all’apprendimento scolastico della matematica erano le calcolatrici tascabili, improvvisamente disponibili come gadget di una nota marca di detersivi. Il terrore, diffuso tra genitori ed insegnanti, era che questi strumenti, improvvisamente precisi, a basso costo ed accessibili a tutti senza necessità di leggere manuali di istruzioni, avrebbero mandato in soffitta lo studio delle tabelline e delle operazioni algebriche, creando generazioni di analfabeti dell’aritmetica.
Oggi, nelle nostre tasche, abbiamo dispositivi che allora erano immaginabili solo nella fantascienza. Ci sono applicazioni, come photomath, che “leggono” il testo di un esercizio di matematica e, in un batter d’occhio, offrono la soluzione dettagliata e commentata. Allora, perché un adolescente moderno, nativo digitale, dovrebbe cimentarsi su fogli di carta (o notebook digitali) con noiosi esercizi che potrebbe risolvere scattando una fotografia? Non sarebbe più semplice imparare ad usare l’applicazione e a scattare buone fotografie?
Una risposta la offre una recente intervista, apparsa, brevemente, sul Corriere della Sera, al Global Chief Data Officer di Unicredit, Shivaji Dasgupta. Nel mondo delle banche, l’intelligenza artificiale sta aprendo le porte ad una nuova rivoluzione dei servizi ed un nuovo modo di gestire la clientela. La tecnologia è necessaria, ma, dice Dasgupta, “è importante soprattutto avere la giusta mentalità e cultura per condividere ed utilizzare i dati in modo sicuro e produttivo”.
Non basta, quindi, un ufficio di scienziati dei dati, novelli alchimisti, dotati di potenti calcolatori, per operare questa rivoluzione, serve anche che chi deve interagire con questi scienziati e tradurre in azione le indicazioni dei cervelloni elettronici, comprenda a fondo le informazioni che riceve, le potenzialità ed i limiti.
L’evoluzione tecnologica mira a rendere sempre più accessibili (user-friendly) gli strumenti di IA, occultando la “scatola nera” dei calcoli per offrire all’utente l’interazione più immediata possibile.
Photomath non richiede nemmeno di scrivere il testo dell’esercizio, basta inquadralo con una fotocamera, non serve (saperlo) leggere…è la sublimazione dell’amico che suggeriva la soluzione durante il compito in classe! Ma a chi spetta formulare il problema? La soluzione come può essere utile? Queste operazioni richiedono la comprensione non solo del problema, ma anche di come gli strumenti di IA operano e, in sintesi, delle conoscenze di base della matematica e della statistica, che governano il mondo dei dati e delle loro applicazioni, dalla produzione industriale, al marketing, alla medicina, alla logistica ed all’arte di assumere decisioni strategiche. Ecco, quindi, che la necessità di una formazione quantitativa, paradossalmente, cresce di pari passo all’affermarsi di strumenti che agevolano l’accesso alle soluzioni matematiche dei problemi.
Sono tre le sfide che la società moderna deve affrontare, per accogliere e sfruttare al meglio la diffusione dei prodotti di IA. Innanzitutto, servono percorsi di studio in grado di formare i “Dasgupta”, gli scienziati che sviluppano e realizzano questi strumenti, non solo importandoli dall’estero, ma garantendo al paese quell’autonomia oggi declamata per l’approvvigionamento energetico ed alimentare, ma essenziale anche per il pensiero. In secondo luogo, è necessario che la formazione di coloro che potranno trarre beneficio dalle applicazioni dell’IA, o saranno obbligati ad impiegarle nella propria professione, non trascuri quelle discipline necessarie a renderne comprensibile il linguaggio e gli strumenti, creando un linguaggio comune tra manager, medici, decision makers, giuristi da un lato e scienziati dei dati dall’altro. Le figure professionali da formare dovranno essere “esperte di dati” e non intimidite o diffidenti di fronte a queste nuove tecnologie.
Infine, non è possibile trascurare che molte applicazioni dell’IA e, soprattutto, i risultati di questi algoritmi intelligenti, sono accessibili anche ad un vasto pubblico non tecnico, l’iconica (per la generazione di chi scrive) casalinga irrequieta, per intenderci.
Occorre, quindi, diffondere e condividere una cultura più attenta nell’uso dei dati e delle loro rielaborazioni “automatiche”. Distinguere e valorizzare le fonti ufficiali dei dati, leggere correttamente dei grafici e delle statistiche, apprezzandone il contenuto informativo e distinguendo i “falsi positivi”, devono essere un patrimonio comune dei lettori e dei cittadini 4.0. Delle tre, probabilmente, questa è la sfida più complessa nel nostro paese, perché si scontra con una cultura ed una formazione storicamente di stampo più umanistico che quantitativo e contro l’atavica diffidenza verso quella scienza al limite tra esoterismo e magia nera che è la matematica.
La rubrica che VareseNews ospiterà, in collaborazione con il Business Analytics and Data Science Hub di LIUC, intende contribuire, dalle colonne di un giornale già da tempo attento alla dimensione del dato ed alla sua corretta rappresentazione, proprio alla diffusione di questa cultura, proponendo spunti di riflessione e raccontando, in modo, speriamo, non da addetti ai lavori, i risultati delle nostre ricerche ed il loro impatto sulla quotidianità di imprese e famiglie.
Confidiamo anche di accendere dibattiti con i lettori, scambiare opinioni e contribuire a quella attività, detta “terza missione”, che impegna gli Atenei a non essere monadi isolate nel proprio territorio, ma a farsi parte attiva nel progresso e nella costruzione di una società migliore, non solo nel futuro dei nostri laureati ma anche nell’oggi della nostra comunità.
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