Varese, la terra con la passione per le frecce a quattro zampe
Il Cavallo, l'atleta supremo con un cuore da 75 litri al minuto (di Giuseppe Geneletti)
“Usciamo a portare una carota a Dragonball?”, chiede Riccardo, mio figlio. “Sì, e poi facciamo il giro lungo della Spazzacamino”, risponde la mamma. “E se prendessimo le bici, così allarghiamo fino alla ciclabile e ci fermiamo per uno spuntino all’Equirelais?”, chiosa il papà. “Ok e stasera tutti alle Bettole per le gare di galoppo d’estate”, conclude nonna Piera, la scommettitrice.
Dragonball è un nerissimo cavallo in pensione, la Spazzacamino è la Cascina Centro Ippico di Daverio, e l’Equirelais è il ristorante sul lago, adiacente alla Scuderia Scerèe di Bodio Lomnago, Scuola Di Eccellenza, della FISE, specializzata nell’insegnamento dell’equitazione all’inglese. Tutti raccolti in un fazzoletto di terra di pochi chilometri. Sono solo alcuni dei tantissimi esempi della presenza equina in provincia di Varese, che oggi, 22 luglio, ha una vera e propria serata di primo piano all’Ippodromo di Varese, con una delle prove più attese della stagione: lo storico “Premio La Novella”, appuntamento dedicato alle sole femmine di tre anni e oltre valida anche a livello nazionale per la giocata Tris Quarté Quinté. Facciamo una cavalcata in questo mondo, in cui anime complementari condividono la passione per un animale che da sempre ha un rapporto speciale con l’uomo.
Il cavallo, come supremo atleta naturale
I cavalli sono mammiferi della famiglia degli equidi, cugini di asini e zebre, e, in particolare, appartengono alla specie Equus caballus. Dopo la gestazione di 11 mesi, nasce generalmente un solo puledro. Appena partorito, riesce a stare in piedi e a correre da solo in pochissimo tempo. È completamente adulto a cinque anni, con una prospettiva di vita che si aggira sui 25-30 anni, ma può superare i 40 anni. In natura, il cavallo vive in branchi, dove il leader è in genere la femmina più anziana. Il cavallo presenta un elevato adattamento all’ambiente degli spazi aperti come le praterie: ha sviluppato un efficace apparato locomotore e un apparato digerente adatto all’alimentazione con erbe dure integrate con foglie, ramoscelli, cortecce e radici. Si distingue come il campione indiscusso della velocità e della resistenza tra gli animali terrestri. Con una velocità massima di 88 km orari, supera ampiamente il record mondiale umano per la corsa a breve distanza (detenuto da Usain Bolt con 44 km all’ora sui 200 metri). Il cuore del cavallo pesa mediamente 4 chili (il nostro pesa 3 etti) e può arrivare a pompare 75 litri di sangue al minuto sotto sforzo. Non è un caso che la potenza delle prime macchine industriali sia stata misurata in cavalli. L’unità di misura “horse power” (hp) è stata introdotta dallo scienziato scozzese James Watt nel XVIII secolo. Watt stava lavorando sul miglioramento delle macchine a vapore, che venivano utilizzate per generare energia meccanica. Per dimostrare la superiorità della sua macchina a vapore, cercava un modo per esprimere la sua efficienza in modo comprensibile per il pubblico. All’epoca, i muli e i cavalli erano spesso utilizzati per il lavoro, quindi Watt scelse il cavallo come riferimento di potenza. Definì 1 cavallo vapore (1 hp) come la potenza necessaria per sollevare una massa di 75 kg a una velocità di 1,3 metri al secondo (3,6 km/h). La combinazione di arti lunghi e snelli, muscoli potenti, tendini elastici, struttura ossea leggera ma resistente, e un cuore e polmoni eccezionali conferisce al cavallo un vantaggio evolutivo incredibile, rendendolo l’atleta supremo della natura.
Il loro campo visivo è di quasi 360°, ragione per cui per alcune attività si usano paraocchi per concentrare la vista su ciò che hanno di fronte. Possono dormire in piedi grazie alla particolare struttura che permette di sostenere il loro peso con uno sforzo muscolare minimo. L’olfatto finissimo permette loro di captare se la persona che hanno di fronte ha paura o se c’è una situazione di pericolo. All’interno di un branco hanno un sistema di comunicazione continua, attraverso i movimenti della testa e le posture del corpo, anche piccoli. Cambiare la direzione dello sguardo, muovere le orecchie o la coda, invia messaggi agli altri animali. Il nitrito è usato più raramente; ad esempio, quello più forte e lungo serve al cavallo isolato, che vuole richiamare l’attenzione e attende una risposta che gli permetta di localizzare il branco in allontanamento. Il cavallo è un animale furbo che capisce e segue le indicazioni dell’uomo, ma solo quando gli conviene. Un gruppo di ricercatori del Dipartimento di scienze veterinarie dell’Università di Pisa lo ha dimostrato scientificamente. Hanno preso 24 cavalli divisi in due gruppi con il compito di trovare la carota nascosta sotto uno di tre secchi. In brevissimo tempo hanno imparato a rovesciare tutti i secchi per arrivare velocemente al premio.
Il cavallo, come equitazione
Cenni al beneficio della pratica dell’equitazione si trovano nella scienza araba e in un primo testo di pedagogia dei maestri Ittiti del III millennio a.C. Ippocrate di Coo, autore del famoso giuramento medico, consigliava l’equitazione come rimedio per l’insonnia, per rigenerare la salute e per preservare il corpo da varie infermità. Sosteneva che “l’equitazione praticata all’aria aperta fa sì che i muscoli conservino il loro tono”. A distanza di molto tempo, nel 1569, il medico Merkurialis riprese osservazioni fatte da Galeno, secondo le quali l’equitazione detiene una posizione importante negli esercizi ginnici per la sua azione sul corpo e sui sensi. Dal 1600 diversi medici consigliano la pratica dell’equitazione ritenendola efficace per sanare il corpo e la mente.
La Scuola di Equitazione di Venaria Reale, istituita da Carlo Felice il 15 novembre 1823, costituì il centro dell’attività ippica in Italia, sia civile che militare, fino al 1943. Lo sport equestre in senso più moderno prese le mosse in Italia con l’istituzione, nel 1891, della Scuola di Tor di Quinto a Roma, con il capitano Federico Caprilli, creatore del “sistema naturale” nel montare i cavalli. Il primo Concorso ippico internazionale di un certo rilievo si tenne a Torino nel 1902, anche se gare al galoppo si erano disputate sin dal 1840. Le prime affermazioni dell’allevamento italiano – il cui maggiore esponente fu Federico Tesio – le colse Signorinetta che nel 1908 vinse in Inghilterra il Derby di Epsom. La tradizione dell’ippica e dell’equitazione nella provincia di Varese ha radici antiche e risale a diversi secoli fa. La presenza di cavalli nella regione può essere rintracciata in documenti storici che risalgono almeno al Medioevo. Nel corso dei secoli, l’ippica e l’equitazione nella provincia di Varese hanno avuto diverse influenze culturali, tra cui l’arrivo delle razze di cavalli provenienti dall’estero e lo sviluppo di nuove tecniche di addestramento. Durante il periodo del Rinascimento e del Barocco, l’equitazione era considerata un’arte nobile e un passatempo raffinato per l’aristocrazia. Le famiglie nobili di Varese spesso partecipavano a competizioni e organizzavano spettacoli equestri. Dalle nostre parti ci sono vari centri affiliati FISE, tra i quali La Valletta, in via Valle Luna, e il centro ippico La Fonda a Casale Litta.
Il cavallo, come contatto con la natura
A Varese è facile avvicinarsi al mondo del cavallo. Si possono trovare luoghi e persone che, grazie al territorio e alla tradizione, possono far vivere piacevoli momenti in sella a un cavallo per luoghi da scoprire a contatto con la natura. Il sito specializzato Yamping propone ben 9 diverse passeggiate a cavallo nella provincia, che si rivela l’area più ricca di opportunità della Lombardia (a parimerito con Como). Si va da 1 ora a Besnate a 25 euro, fino alla giornata intera a Somma Lombardo per 200 euro. La più popolare è la passeggiata a cavallo nel parco del Ticino. La spesa media è di 90 euro con gruppi di due persone. Il mese più gettonato è maggio (17% di tutte le prenotazioni dell’anno), seguito da agosto e dicembre (13% ciascuno).
Il cavallo, come cura
Oltre all’equitazione e alla ricreazione, il cavallo significa anche terapia. I primi paesi ad utilizzare il cavallo in modo sistematico nella riabilitazione dei disabili furono scandinavi e anglosassoni nei programmi di riabilitazione del primo dopoguerra. Ad aprire la strada al campo dell’ippoterapia fu l’impresa di Lis Hartel. Ha le gambe paralizzate sotto il ginocchio a causa della poliomielite ed è la prima civile a vincere, nel 1952, una medaglia olimpica d’argento nella disciplina del dressage, che fino all’edizione precedente era riservata agli ufficiali di cavalleria (rigorosamente uomini). Vincerà nuovamente l’argento alle olimpiadi del 1956. Lis Hartel fece cavalcare persone con disabilità sino ad inaugurare un centro specializzato di ippoterapia. In Italia la riabilitazione equestre si applica in ambito riabilitativo dal 1972. Nel varesotto, l’ippoterapia ha vari punti di riferimento, tra i quali la scuderia Parco dei Mulini e il Centro di Rieducazione Equestre L’Arca del Seprio, presieduto da Silvia Ferretti. Quest’ultimo è un’organizzazione d’utilità sociale nata nel 1993, con lo scopo di utilizzare il cavallo come Metodo di Riabilitazione Globale per disabili sia fisici che psichici e/o con svantaggio sociale. Attualmente sono circa 80 i bambini e gli adulti che usufruiscono delle sue attività, inviati da centri o comunità o giunti spontaneamente.
Il cavallo, come sport
La tradizione ippica in Italia ha radici senza dubbio lontane: volendo esagerare si può parlare delle corse di bighe e quadrighe già esistenti dai tempi dell’antica Roma, ma è già dal XVIII secolo che il nostro paese comincia ad adottare l’ippica moderna come in Inghilterra. Naturalmente è stato realizzato nel corso degli anni un gran numero di ippodromi sparsi per tutto il territorio italiano, con strutture che sono ancora utilizzate anche a distanza di un secolo e oltre. In Italia ci sono attualmente 32 ippodromi attivi per corse di trotto o di galoppo, o entrambe. In Lombardia ci sono l’ippodromo di Milano San Siro e di Varese Le Bettole. San Siro ha visto correre campioni come Tenerani, Ribot, Sirlad, Tony Bin e Falbrav e ogni anno è teatro delle Oaks d’Italia. L’impianto dispone di tracciati differenti tra loro – quattro per le corse in piano, uno per le corse in siepi, uno per steeple-chase e uno per cross country – ed offre quindi una grande varietà di eventi che attirano gli appassionati di ippica a livello internazionale. Una curiosità relativa all’ippodromo di San Siro è che si tratta dell’unico impianto ippico al mondo che sia stato dichiarato monumento d’interesse nazionale.
Le Bettole di Varese
Le origini dell’ippodromo della nostra città sono lontane e risalgono al 1878. Il 31 gennaio di quell’anno il Conte Gian Pietro Cicogna comunicava al Sindaco di Varese, dottor Magatti, la costituzione della Società Ippica Varesina. Il primo ippodromo fu costruito nella zona di Casbeno (dove oggi sorge la scuola Maria Ausiliatrice), e vi si disputavano corse di trotto e di galoppo. Nella riunione inaugurale fu inserito il Criterium, corsa al galoppo, che si disputa ancora oggi. Nel 1896 l’ippodromo fu trasferito a Masnago, poi, nel 1911, nell’attuale sede delle Bettole dove per qualche anno si tennero anche corse al trotto. Oggi è rimasto uno dei templi del galoppo in Italia, con un programma estivo che attira appassionati, curiosi e tutti quelli che vogliono godere una serata al fresco con vista sul Campo dei Fiori. Oggi, sabato 22 luglio, le porte delle Bettole sono aperte a tutti con un programma di alto livello. Qui tutti i dettagli.
“Il motivo per cui un maneggio svolge un’azione così benefica sulle persone dotate di ragione è che qui, unico posto al mondo, è possibile comprendere con lo spirito e osservare con gli occhi l’opportuna limitazione dell’azione e l’esclusione di ogni arbitrio e del caso. Qui uomo e animale si fondono in un tutt’uno, in misura tale che non si saprebbe dire quale dei due stia effettivamente addestrando l’altro”, Goethe.
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