“Disegnare è il mio spazio”. A Samarate il rigore e la passione di Laura Candeli
Tre cicli di opere in mostra nell'arco dell'estate alla biblioteca comunale di Samarate, mercoledì 13 settembre saranno riuniti. Per l’occasione l’artista ha organizzato una lezione di pittura e per giocare ad armi pari svela le sue carte
Laura Candeli sta esponendo i tre cicli della sua mostra “Vita da custodire e proteggere”, “Vita: bellezza del creato” e “Vita buona”, allestiti alla biblioteca comunale di Samarate. Dopo che ogni ciclo ha avuto una sua centralità per un periodo, al 13 settembre ci sarà l’evento conclusivo, che vedrà riuniti tutti i tre gruppi di opere.
Esporre è sempre stato il suo sogno?
«Mi ritengo una persona non esibizionista, per me dipingere è un modo per esprimermi e ritagliarmi uno spazio sicuro. Da qualche anno decoro i ceri pasquali per la parrocchia. Adoro dipingere per me, per la mia persona, non sono gelosa della mia arte ma non ho mai pensato di venderla – non saprei nemmeno stabilirne il prezzo -, né mai è stata una mia necessità metterla in mostra per comunicare un messaggio universale o trovare consenso e approvazione. Mi è stato proposto di esporre ed è successo, lo preferisco a tenere tutto in una scatola. Per questa opportunità che mi ha regalato la gioia di mettermi in gioco e di uscire dall’anonimato ringrazio Tiziana primi, coordinatrice della biblioteca».
Leggendo tra i commenti alla mostra emerge il tema della religiosità: nei cicli la vita è affrontata da un punto di vista biblico?
«Credo che a emergere sia la mia personale religiosità, necessariamente collegata a quello che certe figure evocano in me e nel messaggio che vorrei far trasparire dalle mie rappresentazioni colorate».
Come nasce il processo creativo delle sue opere?
«La mia non è un’arte istintiva, spesso scatto foto a qualcosa che cattura la mia attenzione e lo riproduco, altre volte mi capita di provare qualcosa alla vista di certe figure che diventano le protagoniste delle mie opere, un po’ come è stato per “L’ora del tè”: adoro i gattini e ne vidi uno sulla scatola del cibo per animali prima di mettermi a dipingere. La mia arte non è di pancia, piuttosto rigorosa e precisa. La mano non ha più il fiato di una volta, certo, ricorda ancora la tecnica, ma non è più veloce e scaltra: l’attenzione per il dettaglio fa quindi da padrona».
Nella lettera di presentazione del ciclo terzo si legge “In seguito il mio percorso di vita, un matrimonio e tre figlie, non mi hanno permesso di praticare con costanza questa attività, ma nel tempo ho cercato comunque di coltivare questa dote.”. Si può quindi assumere che la famiglia dell’artista sia stata un limite per l’espressione della sua arte, tuttavia Laura tiene a precisare che né marito né figlie sono mai state un impedimento per giocare con tele e tavolozze.
«Direi che fare famiglia sia una fase della vita, un momento che io ho sempre desiderato. Fin da bambina voluto una famiglia “mia” e quando ho avuto la fortuna di poterla costruire mi sono concentrata su quella. Ho mollato un po’ la presa con il corso di pittura ma, appena ho potuto, ho ripreso il mio posto. Anche da mamma sentivo il bisogno di
trovare uno spazio per me, non di svago, ma dove potessi esprimermi, per questo le piccine Corinne e Gaia mi seguivano nelle aule che ospitavano i corsi d’arte».
Facendosi accompagnare dalle figlie Corinne, Gaia e Stella si può dire che Laura, insieme la marito Massimo, abile e creativo con il legno, abbia dato vita a una vera e propria famiglia d’arte. Le figlie maggiori vantano la propria formazione all’accademie dell’illustrazione e del fumetto. C’è qualcuno o qualcosa che ha fatto da apripista all’arte anche per Laura?
«Come ho scritto in apertura alla mostra, disegno da quando tengo in mano la matita. Per sfinimento ero riuscita a convincere mia madre a comprarmi delle matite colorate all’età di tre o quattro anni. In casa tenevamo delle tele di un cugino, purtroppo morto giovane, quando io avevo solo dieci anni, che non mi ha mai influenzata. Indipendentemente da lui, da sempre conosco la mia passione: la pittura».
«Mio padre – dice ricordando la famiglia natale – era della vecchia scuola, ha formato me, le mie sorelle e mio fratello in modo severo. Sì, mi ha permesso di frequentare il corso di arte che si teneva nel seminterrato della scuola media di Samarate, ciononostante il mio lavoro oggi non è fare l’artista, sono una contabile. I miei erano altri tempi. Io oggi alle mie figlie dico “fate ciò che vi rende felici”».
«Sono stata maggiormente formata da un severo maestro che insegnava le tecniche del Caravaggio, tuttavia molto presto ho trasferito quella che è ormai deformazione professionale – la precisione maniacale, il rigore, la rigidità e i numeri – nella mia arte. Oggi sono alla ricerca di evoluzioni del mio stile, sto studiando le teorie del colore e cerco sempre di affinare la mia tecnica».
Laura, qual è l’augurio che fa a se stessa? «Quello che si può dire? Essere più libera nella mia arte. Quello che sarebbe meglio non dire? Non spaventare chi viene a trovarmi alla lezione di pittura, non sono un’insegnante ma mi piacere condividere la mia passione. Magari riflettere in un contesto informale insieme sarà divertente.».
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