Dalla Lagozza riemergono le tracce delle palafitte di cinquemila anni fa
Al centro della palude ai margini del paese di Besnate c'era un villaggio sull'acqua. La Soprintendenza ha presentato i risultati dello studio esplorativo effettuato quest'anno, a settant'anni dalle ultime ricerche
Là dove c’è solo un prato florido, nascoste sotto terra, ci sono le tracce di una “civiltà” antica di millenni, un villaggio di palafitte che sorgeva nel mezzo di una palude. Siamo alla Lagozza di Besnate, una zona ai margini del paese che è però nome noto per gli archeologi: qui, a partire dal 1877, sono venute alla luce reperti e altre tracce dell’insediamento che ha preso il nome – appunto – di “civiltà della Lagozza”.
Negli ultimi mesi gli archeologi della Soprintendenza hanno lavorato per riprendere le ricerche. O meglio: per porre le basi per nuove campagne di scavo. «Nonostante il sito neolitico sia noto, gli ultimi scavi risalgono al 1954, con questo intervento volevamo verificare cosa rimaneva delle strutture palafitticole e del deposito archeologico» spiega Stefano Rossi, funzionario della Soprintendenza per le province della Lombardia nord-occidentale (nella foto di apertura: uno dei sondaggi preventivi realizzati per verificare lo stato di conservazione della palafitta e del deposito archeologico).
«Sondaggi», vengono chiamati tecnicamente. «in questo momento non puntavamo a raccogliere materiale, ma a capire l’estensione» continua Rossi, archeologo specializzato nel periodo del Neolitico, cui è riconducibile il sito. «Più della metà dei sondaggi ha dato esito positivo, verificando la presenza del deposito archeologico, pali e depositi di crollo, e di pali nel terreno».
La Lagozza ha una sua rilevanza legata anche al fatto che i reperti ritrovati erano in molti casi sono intatti che consentivano di ricostruire al meglio tecniche e uso nella vita quotidiana in quell’insediamento preistorico: nel terreno dell’area umida (un tempo più vasta di oggi) sono stati rinvenuti vasi, accette, lame e altri strumenti. I primi ritrovamenti risalgono al 1877, quando il conte Ottavio Cornaggia Castiglioni donò i reperti estratti dal terreno delle sue proprietà al civico museo di Como.
Vaso in ceramica conservato oggi al museo di Como. Scheda oggetto cliccando quiSuccessive campagne negli anni Trenta approfondirono lo studio del sito, l’ultimo scavo risale invece al 1953-54 (che coinvolse il nipote di Ottavio Cornaggia Castiglioni, suo omonimo, archeologo di fama) e consentì di analizzare l’area di una palafitta di circa 16 metri quadri.
Dopo quello studio, più niente. E l’assenza di studi successivi è una carenza importante, tanto che proprio per assenza di documentazione più recente la Lagozza fu esclusa dal Sito Unesco Palafitte delle Alpi, che comprende invece altre aree umide in provincia, come l’Isolino Virginia.
Negli ultimi anni si è presentato però un elemento significativo: i più frequenti periodi di siccità, tra cui quella particolarmente prolungata dello scorso anno: «La siccità del 2022 è stata uno spunto importante» spiegano gli archeologi. La campagna di sondaggi, come detto, ha permesso di individuare dati interessanti: in alcuni punti sono stati persino ritrovati i buchi nel suolo che erano la sede dei pali rinvenuti e rimossi nell’Ottocento. Altri pali invece sono ancora conficcati nel terreno, da millenni: «Si deve considerare che normalmente i pali avevano una altezza massima di due metri, infissi per 70 cm nel terreno».
Lagozza di Besnate, l’impronta di uno dei pali della palafitta neolitica estratti nell’Ottocento durante i lavori di estrazione della torbaLa datazione delle palafitte è attualmente orientata all’ampio periodo tra 3800 e 3400 a.C, alla fine del periodo del Neolitico. Ma sono datazioni troppo ampie, «ci aspettiamo che nuove future datazioni possano restringere questo range», anche grazie alla tecnologia della dendrocronologia, l’analisi degli anelli di accrescimento dei tronchi degli alberi.
Uno dei pali della palafitta neolitica, ancora infisso nei limi bianchi del fondo del bacino. Nella galleria fotografica la foto completaCome spesso accade in occasioni di campagne archeologiche, anche a Besnate è stato previsto anche un momento rivolto alla cittadinanza, per presentare «un sito con enorme potenziale che è stato indagato solo in parte» conclude Rossi, che ha presentato i risultati insieme a Daniela Locatelli, responsabile per la tutela archeologica della provincia di Varese.
Reperti rinvenuti durante le ricerche risalenti a circa 5.800 anni faAlla serata ha partecipato anche il sindaco di Besnate, Giovanni Corbo: «L’attenzione che la Soprintendenza ha dimostrato, con le sue indagini sull’Area della Lagozza dopo settant’anni dalle ultime effettuate, rende consapevoli dell’importanza storica di quest’area che con la sua civiltà palafitticola è un esempio di quel percorso storico-umano che ha interessato il nostro territorio facendo parlare di Cultura della Lagozza». Non possiamo che essere compiaciuti e riconoscenti alla Soprintendenza per la loro attività che è tesa a riportare alla luce una storia che ci appartiene».
Se fin qui si parla di studio scientifico, il sindaco mette l’accento anche sulla fruizione “popolare”, per così dire, dell’area: «La Lagozza è già per noi un’area valorizzata dai sentieri circostanti molto frequentati non solo dai besnatesi e dall’attività di monitoraggio e tutela dell’Ente Parco del Ticino».
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