A Gallarate in piazza per far tacere le armi in Palestina
In piazza sabato voci della sinistra e famiglie di origine araba. Domenica invece la marcia del mondo cattolico
Sabato pomeriggio manifestazione a Gallarate per chiedere che le armi tacciano in Palestina, dopo i mesi di bombardamenti seguiti alla strage di Hamas del 7 ottobre e dopo oltre 27mila vittime palestinesi.
In piazza circa una ottantina di persone, soprattutto del mondo della sinistra, ma anche con una presenza di famiglie e ragazzi di origine araba. Una presenza in piazza Libertà, che poi domenica vedrà arrivare anche la marcia per la pace degli oratori delle parrocchie cittadine, iniziativa distinta ma che appunto porta la stessa istanza di fine delle violenze, prima di ogni discussione.
Laura Pastorelli, una delle promotrici dell’iniziativa, ha ricordato il “terribile attacco del 7 ottobre con centinaia di morti civili tra la popolazione israealiana”, ha ribadito la solidarietà verso tutte le vittime civili e la intenzione di “rompere il silenzio” su “una guerra che sta superando ogni limite di disumanità” nei confronti dei palestinesi.
La richiesta che accomuna le voci è quella del cessate il fuoco, a Gaza ma – sottolineano – anche nel resto della Palestina, compresa la Cisgiordania dove dal 7 ottobre si sono registrate decine di vittime civili. Viene ribadita la necessità di far tacere le armi ma anche di pensare a “una pace giusta”, dice ancora Pastorelli: “i palestinesi hanno diritto a un loro Stato”. La prospettiva resta quella della formula “Due popoli e due Stati, che convivono nella pace e nella pari dignità”.
Se numerose sono le sigle promotrici (vedi qui), in piazza molti si presentano singolarmente. Ci sono le bandiere della pace, ma anche quelle rosse di PCI e Rifondazione comunista (unici partiti presenti con il vessillo). Numerose le bandiere della Palestina, sventolate da storici attivisti come Roberto Andervill ma anche da ragazzi e famiglie di origine araba.
Mohammed è un giovane che per la prima volta si affaccia sulla piazza di Gallarate, ma ha partecipato a diverse delle manifestazioni a Milano: “Sono di origine egiziana: come egiziani abbiamo vissuto questo conflitto fin da quando siamo piccoli, uno dei miei primi ricordi è l’immagine di un bambino palestinese ucciso da un soldato israeliano. Crescendo la situazione è peggiorata sempre più, fino ad ora in cui assistiamo ad un genocidio vero e proprio. Noi cerchiamo di fare quello che ci è possibile”.
Dal sagrato della basilica si affaccia anche il prevosto della città, monsignor Riccardo Festa, che non si avvicina alla manifestazione ma pensa alla marcia della domenica, che attraverserà il centro storico.
“Sul tema della pace noi ci giochiamo la fede, abbiamo bisogno di ritrovare la fede di fronte a un mondo disordinato, ritrovare l’idea che la fede e la speranza hanno un senso e che l’impegno non delude. Le guerre mettono in crisi la fede e l’idea che le azioni abbiano un peso nel mondo, l’idea di mettersi a disposizione e efficace nella storia. La parola pace si può dire, non ci si arrende alla prepotenza come unico criterio per portare avanti la storia”.
Rispetto ad altre manifestazioni per la pace, va notato, non c’è nessuna rappresentanza organizzata del mondo cattolico, se non singole. Come Ruffino Selmi, storico esponente delle Acli, che è presente a titolo personale e (vedi anche il video) ribadisce la richiesta minima, del cessate il fuoco oggi, prima di pensare a soluzioni a lungo termine del conflitto, da almeno due decenni rinviate e negate.
Tra le voci che intervengono ci sono quelle che sottolineano la parola genocidio riferito ai bombardamenti in corso e quelle che richiamano – come fa il gruppo del giornale “La Comune” – come la polarizzazione voluta dalle voci radicali stia schiacciando le prospettive di convivenza che pure altri sostengono: “Non a caso il Kibbutz colpito da Hamas era un kibbutz pacifista”. Mentre il governo israeliano rimane guidato dalla destra radicale.
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