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L’accordo che potrebbe salvare la brughiera e insieme il cargo di Malpensa

Da mesi si sta "trattando" sotto traccia, per evitare forzature, ricorsi e possibili ritardi di anni. La mediazione adesso sembra più vicina e solida. "Opportuno che Regione riconvochi al tavolo tutti i soggetti"

malpensa brughiera cargo

Gli sherpa, i diplomatici di questa difficile trattativa, sono al lavoro da mesi.
Un lavoro di mediazione che si svolge tra Milano, Malpensa e il territorio, con un obiettivo che non è impossibile: assicurare lo sviluppo del cargo del principale aeroporto italiano per le merci e allo stesso tempo salvare la brughiera di Malpensa, un ambiente unico e che l’Europa chiede di salvaguardare.

Su una soluzione di mediazione si sta lavorando sottotraccia da mesi, da quando – giugno 2023 – la Commissione VIA del Ministero dell’Ambiente ha bocciato l’espansione del cargo di Malpensa sui terreni (44 ettari) a Sud dell’attuale sedime, terreni che comprendono l’ultima brughiera di Lombardia.
E ora la possibilità di arrivare ad un accordo complessivo e a un progetto nero su bianco è vicina: i diversi enti coinvolti – i Comuni, la Sea, l’autorità dell’aviazione civile Enac – vedono un orizzonte positivo, dicono diverse fonti.

«Ci sono le condizioni per trovare una soluzione negoziata» risponde il sindaco di Somma Lombardo Stefano Bellaria, quando chiediamo conferma dei rumors che circolano. Una soluzione, scandisce Bellaria, «che tenga conto sia del Decreto VIA e dei paletti che aveva messo, sia di quanto emerso dal Decreto “Aria”, evitando e prevenendo conflitti interpretativi tra ministeri».

Se il punto di partenza è infatti il Decreto del Ministero dell’Ambiente che ha bocciato l’allargamento del cargo sulla brughiera, dall’altra parte c’è la risposta immaginata a Roma nell’autunno scorso, quel Decreto “Aria” che chiedeva di rivedere entro trenta giorni la valutazione e sbloccare l’ampliamento dell’aeroporto. Percorso non facile, tant’è vero che a distanza di tre mesi non ci sono state novità sostanziali.

D’altra parte lo stesso Decreto Aria non chiedeva di tornare per forza alla soluzione iniziale prospettata, ma invece indicava il fine: garantire lo sviluppo del cargo.
E tra Milano e Malpensa (e Roma, all’Enac) su una soluzione alternativa si è continuato a lavorare.
Ma se davvero ci sono buone basi, quando emergerà questa soluzione?
«Sarebbe utile che Regione riconvocasse il tavolo anche con il Parco del Ticino, come era accaduto per il protocollo d’intesa del 2022» dice ancora Bellaria, che tra i sindaci del territorio segue più da vicino la partita. «Sarebbe la sede opportuna per trovare la quadra e nel contempo valutare una sintesi per una tutela della brughiera, dopo la bocciatura del Sic a dicembre e conseguenti ricorsi».

Quale sarebbe la soluzione che tiene insieme cargo di Malpensa e brughiera?

La chiamano «la soluzione dei dodici ettari»: un’espansione decisamente più limitata rispetto a quella prospettata inizialmente, di 44 ettari. E anche concentrata su una fascia “schiacciata” verso l’attuale cargo city, sfruttando poi invece anche quei terreni all’interno del sedime che oggi sono residuali – depositi di terra, vecchie strade interne dismesse – e che sono disponibili.

malpensa brughiera cargo
Nella foto aerea si riconosce in alto a sinistra l’attuale cargo city, a centro immagine e verso destra i terreni residuali utilizzabili; a destra le aree di bosco e brughiera fuori dal sedime

Di fatto il punto di partenza sarebbe quella “Alternativa 2” che in passato era stata esclusa e che invece lo stesso Ministero dell’Ambiente aveva considerato come una possibile alternativa. Il parere del Ministero indicava come previsione più adatta quella di “sviluppo infrastrutturale minimo” che riguardava aree “più aderenti all’attuale perimetro aeroportuale, quali quelle denominate 2 e 2a” proponendo di procedere “sviluppandone il progetto esecutivo”.

malpensa brughiera cargo
Una “ipotesi sviluppo infrastrutturale minimo” esaminata dalla Commissione VIA: a destra della linea nera le aree di espansione minima fuori dal sedime. La distribuzione interna delle infrastrutture invece non è quella di cui si sta discutendo

Le aree sono quelle, anche se si deve arrivare ad una precisa perimetrazione.
Nel frattempo in questi mesi si è andati appunto avanti nel confronto per individuare come disporre nell’area i diversi elementi: i nuovi magazzini per le merci, le vie di accesso stradale e il “lato piazzale”.  Uno dei punti di sviluppo è arrivare a non modificare le attuali vie di movimentazione degli aeromobili, consentendo così di contenere i costi (le soluzioni 2 e 2A erano infatti, anche per questo, tra le alternative più costose esaminate). Ovviamente garantendo insieme le rigide norme di safety, la sicurezza aeroportuale.

Uno stretto sentiero

Potrebbe essere una soluzione convincente? Al tavolo delle trattative sembra che si stia trovando la quadra.
E anche “fuori” c’è chi pensa sia un buon punto di convergenza: lo valuta così ad esempio Maria Angela Danzì, europarlamentare del Movimento 5 Stelle che si è occupata da vicino della questione: «Chiediamo che si esca dalla palude nella quale è stato lasciato lo scalo proprio da chi invece ha tentato di spingere l’acceleratore su progetti incompatibili con le norme nazionali ed europee» dice l’eurodeputata. «Sea e Enac posso dare il via ai lavori autorizzati, quelli cioè sul sedime aeroportuale: noi non siamo contrari e anzi chiediamo un passo concreto per sbloccare l’incertezza che grava su questo importante e strategico hub internazionale».

Danzì è l’eurodeputata che aveva già chiesto un parere alla Commissione Europea sul “Decreto Aria”: la risposta da Bruxelles aveva chiarito che non si poteva ripresentare  la prima proposta (quella giudicata insostenibile dal Ministero dell’Ambiente). A distanza di tre mesi dalla firma di Mattarella sul Decreto la materia è ancora allo studio del Ministero delle Infrastrutture e la mediazione cercata a Milano (ma anche con Enac) potrebbe essere la chiave per uscire dall’empasse. Servirebbe riportare al tavolo anche il Parco del Ticino, che sulla ipotesi 2 si era detto disponibile, con tanto di studio commissionato a una società specializzata.

Paradossalmente su una grande opera si deve procedere su uno stretto sentiero, che sia compatibile con l’Europa, sostenibile dal punto di vista ambientale e in grado di assicurare sviluppo economico. Lo stretto sentiero era in qualche modo però già indicato dal Ministero dell’Ambiente: e ora sembra proprio che «le diplomazie» al lavoro da mesi siano sulla giusta via.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 23 Febbraio 2024
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