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Tra laghi “alpini” e picchi andini, sfidando il freddo

Il viaggio in bici sulle tracce degli emigranti italiani in Argentina si spinge verso i Siete Lagos e la cittadina di Villa La Angostura, fondata da bellunesi e austriaci

certo tronador

Nuova puntata di “la bicicletta argentina”, l’avventura di Carlo Motta ed Enzo Bernasconi, partiti da Cuggiono (anche) sulle tracce degli emigranti che lasciarono la pianura lombarda sulle sponde del Ticino per andare in Argentina.
Il racconto è di Carlo Motta

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La bicicletta Argentina, giovedì 29 febbraio 4 di 7

 

 


Jueves 29 de febrero, da Bariloche al camping Los radales, sulle rive del lago Correntoso

Oggi finalmente si comincia a pedalare; è il giorno del 7, pensavo. Partenza da bariloche alle ore 7 circa, per la Ruta de 7 lagos e la temperatura è di 7 gradi centigradi; dimenticavo, ahimè, che anche le piaghe d’Egitto erano 7 ( qualcuno dice fossero dieci ma sette tornano utili per il racconto).

La strada per uscire da Bariloche è molto trafficata, alterniamo pezzi di Ruta 40 con previdenziali tratti di ciclabile. La tabellina del 7 va subito a farsi benedire perché la temperatura scende repentina, metto i guanti lunghi, il kway ma si barbella comunque. Arriviamo ad un grado sopra lo zero e la scelta di indossare i pantaloncini corti da ciclista non è sta molto azzeccata.

Hai voglia di scaldati pedalando, provo odio anche verso le piccole discese che ti fan aumentate, seppur di poco, la velocità. Le tento tutte: cerco di infilare le ginocchia tra i tubi del telaio, canto a squarciagola con il solo risultato di raffreddate le corde vocali, lancio l’urlo del lupo abruzzese in calore (una volta un guardiaparco me lo fece sentire giurando che era vero).

Dopo un’oretta usciamo dal cono d’ombra sperando nei raggi del sole ma niente, il freddo non molla. Mi son detto, pedalo fino a quella curva e, se non si scalda almeno un po’, prendo l’accendino. Ah m’importa nulla, mi hai dato una bici infiammabile?

Per fortuna non a quella curva ma alla successiva, sono sempre magnanimo, do sempre una seconda chance, la nostra stella di riferimento comincia a fare un po’ del suo dovere e la temperatura, seppur di poco, si alza.

Comunque, al di la della pantomima, abbiamo tirato sino alle 9.30 per poter smettere di battere i denti e poi il sole del pomeriggio ci ha portato sino a 26 gradi e ci siamo dimenticati della piaga della grandine e del gelo.

La strada è incantevole, laghi uno dietro l’altro, pinete, isolotti, spiaggette, veramente uno scenario da favola. In lontananza scorgiamo il cerro Tronador che con i suoi 3450 Mt è la montagna più alta della regione; deve il suo nome al rumore che fanno i ghiacci quando si staccano. Ci raccontavano ieri che anche i suoi ghiacciai si stanno riducendo a vista d’occhio.

Avevo anche valutato l’ascesa al pico Argentino del tronador (giusto per stare tranquilli ognuno ha il suo: c’è la cima Argentina, quella Cilena e l’internazionale) ma serviva troppo tempo e non si può far tutto. Alla prossima Tronador.

Incontriamo due ciclisti brasiliani, Rafael e Luana che sono in giro da 6 mesi e da 4000 km, arriveranno a Villa la Angustura per sconfinare in Cile e percorrere l’intera caretera Austral verso sud. Anche Luana ha avi italiani e dice di chiamarsi Calloni. Accidenti di Calloni siam pieni in zona, sarà mica che troviamo qualche mezzo parente. Poi, approfondendo, quello che lei pronuncia Calloni si scrive Chelloni, sempre italiani ma non di  Buscate.

certo tronador

Per trovare qualcosa da mangiare e bere dobbiamo percorrere 75 km, siamo affamati e assetati e, poco dopo Villa la Angostura, un gruppo di grossi uccelli ci sorvola girando in cerchio. Grande apertura alare, coda corta, piumaggio scuro, con le penne finali delle ali bianche che si aprono a mo di ventaglio: sembrano proprio dei condor delle ande. Ci preoccupiamo e non poco: che abbian notato qualcosa del nostro affaticato pedalare che li fa ben sperare? Ma no! Che egocentrici siamo, proprio li vicino c’è una piccola discarica.

Con la lingua a penzoloni per l’ultima salita arriviamo al campeggio, prenotato la sera prima, che son quasi le 17. I km fatti sono 113 e i metri di dislivello 1250. Dobbiamo insistere un poco perché ci preparassero qualcosa da mangiare.
Ci danno una tenda a igloo che dal dépliant pareva carina, la realtà era diversa, però il posto è eccezionale.

Il tratto de La Ruta Nacional 40 denominata dei Siete Lagos è segnalata sui vari siti come la parte la più interessante dell’intera strada, credo sia vero. Ci attende una cena a base di milanesa, una bistecca panata che qui è proposta in tutti i menù. La luce del giorno dura a lungo ma quando è ora scompare in un attimo ed è subito buio.
Un caro saluto e state in campana.

 

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 02 Marzo 2024
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