Dietro ai paesaggi stupendi c’è l’Argentina delle diseguaglianze
Il viaggio in bici di Carlo Motta ed Enzo Bernasconi viene spesso a contatto con una realtà tipica del Sudamerica: le forti differenze sociali, tra chi ha e chi fatica
Nuova (doppia) puntata di “la bicicletta argentina”, l’avventura di Carlo Motta ed Enzo Bernasconi, partiti da Cuggiono (anche) sulle tracce degli emigranti che lasciarono la pianura lombarda sulle sponde del Ticino per andare in Argentina.
Il racconto è di Carlo Motta.
Qui tutte le puntate
Domingo 10 de marzo
Rivadavia- La Paz: sviluppo su 98 km, dislivello prossimo allo zero (poi da La Paz a San Luis in bus).
Partiamo da Rivadavia attenti a ogni sassolino e asperità dell’asfalto: l’incubo delle forature di ieri e ancora ben vivo. Una sfilata di vigneti ci accompagna nella prima parte della giornata per poi lasciare il posto ad altre coltivazioni e boscaglia.
Passiamo da una finca con un altro cognome italiano, che, nonostante sia domenica, pare abbia gli impianti aperti: stanno facendo limpieza ma ci dedicano comunque un po di tempo. Su una distesa enorme di vigneti producono un vino da tavola, tinto y blanco tambien, che vendono all’ingrosso per 400 pesos al litro (meno di 40 centesimi di euro!): tra poco inizieranno la vendemmia.
Nonostante le vigne siano ormai strutturate per la raccolta meccanizzata si continua a farla a mano perché affittare la macchina costerebbe troppo!
Ci penso e ci ripenso ma qualcosa non mi torna: com’è possibile risparmiare pagando una quantità enorme di mano d’opera piuttosto che affittare la macchina? Forse perché il lavoro è pagato pochissimo? Ci propongono l’assaggio delle loro produzioni ma rifiutiamo, abbiamo ancora 70 km da fare; accetteremo invece un all’analcolico e fresco succo d’uva.
Dopo la dormida, se possibile, le strade diventano ancora più diritte e piatte correndo interminabili sotto un sole rovente: presenza umana non pervenuta ma grande e rumorosa compagnia di migliaia di loros (pappagalli) molto ciarlieri!
Tutto è immenso in Argentina, i vigneti, i campi di mais le piantagioni di girasoli, i pascoli, le porzioni di cibo. Una razione di gnocchi equivale almeno a due e mezzo delle nostre. Una pizza che chiamano da otto spicchi sazia due ciclisti affamati al termine di una giornata di bicicletta.
Grande è anche il divario tra poveri e ricchi: una nazione tanto ricca di risorse e con opportunità tali da poter sfamare due volte i suoi abitanti ha oltre il 45% delle persone debajo el nivel de pobreza ( non serve traduzione).
Consumiamo molta acqua, le scorte scarseggiano e ci viene in aiuto una delle rarissime abitazioni che ci offre acqua e ghiaccio.
Arrivati a La Paz riusciamo a prendere un bus per San Luis sul quale, dopo un po’ di insistenza, accettano di caricarci anche le bici.
Un caro saluto e state in campana.
Carlino
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Martes 12 marzo saladilla-san José el morro
Chilometri percorsi 45 e dislivello salito 350 mt: siamo.degli sfaccendati.
Percorriamo una bella strada con traffico inesistente, è il solito mangia e bevi o, se preferite, su e giù. E se le salite non fanno sconti a nessuno, nemmeno i continui saliscendi sono così cortesi ed educati: anche in queste occasioni le strade che salgono sembrano sempre più lunghe a ripide di quelle in discesa.
Molti terreni sono coltivati a mais, alcuni appezzamenti, pochi, a Girasoli; dopo qualche decina di chilometri incontriamo i primi pascoli di bovini.
Sostiamo per mangiare qualcosa a el morro, “fortino avamposto per la lotta contro gli indigeni” (sic!), come ci tengono a precisare sin dai primi cartelloni posti all’ingresso nell’abitato.
Per raggiungere il successivo paese dove poter dormire mancano 40 km e fa davvero troppo caldo, scegliamo di fermarci qui per la notte. Veniamo “amichevolmente” intrattenuti da una copia di poliziotti locali: quello che parla e che sembra il capo, è discendente di emigranti siciliani e si chiama Videla. Videla come il generale vigliacco e assassino che presediette la giunta militare nel 1976. Mi trattengo a stento dal chiedergli se vi sia una qualche parentela. Siamo in allerta, ci han detto da più parti di diffidare della polizia soprattutto nei piccoli centri, ma nente di preoccupante, il nostro cercava solo contatti per eventualmente perorare la sua richiesta di cittadinanza italiana.
Dormiamo in una cabanas di proprietà di discendenti di immigrati italiani: di cognome fan Cerruti, come il Gino, l’eroe del Giambellino cosi ben raccontato da Giorgio Gaber.
La proprietaria ha anche una minuscola radio: un mixer, un pc, un microfono, che usa lei ma soprattutto la madre per mettere in onda canzoni della tradizione.
Nel pomeriggio arriva un forte acquazzone che si trasformerà durante la notte in un violento temporale.
Ceniamo nell’unico posto presente in paese, una sorta di circolo dove c’è Angel, un boliviano che vive in Argentina da molto tempo. Conosce qualche parola d’italiano e soprattutto preghiere e canzoni in latino perché ha studiato in collegio di salesiani. Suona abbastanza bene la chitarra e per un’ora ci allieta con boleri, tanghi e altra musica sudamericana.
Un caro saluto e non mancate di stare in campana.
Carlino
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