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L’emigrante di Vanzaghello e la madre di Plaza de Mayo

A Buenos Aires c'è anche il veliero Amerigo Vespucci, ma i veri protagonisti del giorno sono due donne: Susana Brusatori e Vera Vigevani Jarach

La bicicletta argentina 20-21 marzo

Nuova puntata di “la bicicletta argentina”, l’avventura di Carlo Motta ed Enzo Bernasconi, partiti da Cuggiono anche sulle tracce degli emigranti.
Una giornata senza bici, ma con due incontri davvero speciali.
Il racconto è di Carlo Motta.
Qui tutte le puntate

Miercoles 20 de marzo
Buenos Aires. Anche oggi non si pedala, giornata intensa
Ore 9. Appuntamento al cafe tortoni con Susana Brusatori, figlia di Mario, emigrato in argentina da Vanzaghello.

Da ieri sera la città è sottoposta a violentissima pioggia a tratti davvero torrenziali. Dopo aver aspettato un poco, sperando nella clemenza di una sosta o almeno nella riduzione dell’intensità della pioggia, ci decidiamo ad affrontare le cateratte e a percorrere i 400 che separano l’ostello dal caffè che bastano a bagnarci sino al midollo.

Così, seduti di fronte ad un caffè sempre troppo lungo, Susana comincia a raccontare quanto ha saputo direttamente dal padre e dalla documentazione recuperata. All’inizio il lavoro come saldatore a Mendoza, impiegato a riparare le condutture che trasportavano il vino e poi il lavoro come carrozziere per la manutenzione delle auto della società telefonica di BA.

Ci racconta di come erano difficili i collegamenti con i familiari in Italia, le lettere ci impiegavano mesi tra andare e tornare, della nonna anziana che per leggere le notizie e rispondere al figlio lontano doveva ricorrere a altri. La nonna curava i bambini del cortile ed altri leggevano e scrivevano al posto suo.

Poi ci apre uno spaccato sugli anni 70 e 80 del ‘900 quando racconta di come il padre radioamatore, per pura casualità, entrò in contatto con un persona con la stessa passione che parlava il dialetto del.suo paese. Quegli anni, oltre ad essere il periodo d’oro delle radio libere, furono anche quelli dei cosiddetti radioamatori, ovvero le persone che con radio molto semplici, i cb, i baracchini, riuscivano a parlare tra di loro attraverso ponti radio.

Generico 25 Mar 2024

Questo ci catapulta direttamente nella bellissima canzone, “Italiani d’Argentina”, dove Ivano Fossati descrive magistralmente il contatto radio tra gli italiani in argentina e quelli rimasti in patria.

“Ecco, ci siamo
ci sentite da lì?
Trasmettiamo da una casa d’Argentina
illuminata nella notte che fa
la distanza atlantica
la memoria più vicina
e nessuna fotografia ci basterà.
Ma ci sentite da lì?”

E ancora ritorna il groppo che sale in gola dal cuore: Nessuna fotografia ci basterà!

Ore 11 visita alla nave Amerigo Vespucci che sta compiendo il giro del mondo ed in questi giorni è a BA.

La bicicletta argentina 20-21 marzo

Ore 12 visita al museo dell’emigrazione che si trova all’interno degli stabili dell’hotel des immigrantes, l’approdo di tutte le navi di emigranti che giungevano in argentina. Si veniva stoccati in quento quell’enorme casermone in attesa dei controlli sanitari. Poi si veniva divisi, solo quelli che avevano una professione oppure aveva un tramaggio con qualcuno che garantiva per loro, potevano aspirare di rimanere a BA; gli altri venivano spediti all’interno, nell’immensa provincia argentina. Erano famiglie intere di contadini, 20-30 persone che venivano spediti in mezzo al nulla a dissodare quelle plaghe desertiche.

Anche quelli che rimanevano a BA non capitavano sorti granché migliori: sistemati in conventillos, casermoni di immigrati a cui veniva assegnato un alloggio in base alla dimensione della famiglia, solitamente una camera , massimo due; pavimento in terra battuta, senza finestre, unica luce ed aria la porta d’ingresso. Bugigattoli, pertugi. I cuartas davano sul cortile, un solo lavandino per tantissime persone dove si lavavano i panni e le persone, una cucina ed un solo gabinetto per tutti. Dialetti, lingue, urla di bambini, puzze, …
Per gli uomini soli c’era la cama calliente, letto in cui dormivano a turno tre o quattro persone.

Molti italiani finivano a lavorare nei frigorificos, enormi macelli collocati nel quartiere della Boca, sul delta del rio riachuelo: 12 ore di lavoro in mezzo al sangue, all’acqua, dove venivano squarciati migliaia di bovini: il tanfo della morte, la puzza di escrementi, le carcasse che imputridivano all’aria, un girone infernale. Sorgevano in calle caseros e tutt’attorno crebbero i conventillos per chi vi lavorava.

Ore 17 . Siamo a bordo di un taxi che ci sta portando al nord della immensa città autonoma, verso Nunez e siccome si sono allineati i pianeti su un asse quasi perfetta, il segno dello scorpione è in puntuale comunione con quello del sagittario e la luna è in fase crescente succede un quasi miracolo laico.
Vicino a una di quelle lunghissime avenida abita Vera Vigevani, coofondatrice di uno dei più famosi movimenti per i diritti umani, quello delle madres e abuelas de plaza de mayo conosciuto in tutto il mondo per i panuelas, i fazzoletti bianchi, che portano in testa.

La bicicletta argentina 20-21 marzo

Vera Vigevani Jarach, milanese di nascita, classe 1928 (fate i conti, ha 96 anni, compiutida pochi giorni), costretta con la famiglia a emigrare a seguito delle fascistissime leggi razziali. La migrazione forzata, il nonno ad Auschwitz, la decisione di fermarsi in Argentina, Franca, sua figlia, desaparecida nel 1976 per la dittatura della banda di assassini comandata da videla, massera, agostoni e poi gualtieri: quanti italiani tra gli orchi! E quanti tra i trentamila e più desaparecidos.

È grazie alle madres de plaza de mayo, che all’inizio erano etichettate come le locas de plaza de mayo (le pazze), che queste atrocità e responsabilità non sono cadute nell’oblio e si è riusciti a perseguire qualche assassino e rendere evidente quanto tutti sapevano ma preferivano lasciare nell’oblio.
Anche grazie a loro si è riusciti a fare luce sul cosiddetto piano Condor che stava alla base di questa dittatura in accordo con le altre del centro-sud America per eliminare ogni forma di dissenso.

Quando entriamo in casa ci accoglie una donna gracile e minuta, così esile che quando ti abbraccia riesci a contare senza difficoltà tutti gli anelli della spina dorsale. Mi vien da trattenere il fiato per paura che un respiro più forte la possa portare via.

Questa sensazione dura solo il tempo che Vera si siatemii sulla sedia e cominci a raccontare e d’incanto le posizioni si ribaltano, siamo noi quelli minuti e delicati. La sua voce è suadente, delicata ed allo stesso tempo decisa, puntuale in ogni parte del racconto che si snoda davanti a noi. Con continui salti di trmpo e di spazio, senza tentenna su un nome, una data, una situazione ci accompagna in una narrazione piena di aneddoti, la passione per la montagna, le esperienze fatte con le madres. Gracias a la vita, mi dice, canticchiando, violeta parra, que me a dato tanto…

Mi incalza di domande, da dove venite, cosa facevi prima, perché la bici, …e in italia come va. Poi chiede alla nostra accompagnatrice a che punto è il documento per la grande manifestazione di domenica che si sta facendo fatica a stendere in modo unitario.

Quando gli parlo della scuola coinvolta per l’elaborazione del materiale che raccoglieremo nel viaggio si fa subito più attenta. Dove? Quando? Come? Vengo! Beh, se non dovessi proprio farcela per fortuna c’è zoom. Due ore lectio magistralis su diritti, politica, società sino ad arrivare alle attenzioni da usare per affrontare la canaletas, il tratto più ostico della salita al pico tronador, una bella montagna della zona di Bariloche.

Facciamo fatica a staccarci e prima di lasciarci andare ci invita a passare dall’albero di Franca, poco distante da lì. È una jacaranda, una pianta che può raggiungere anche grandi dimensioni e che durante la fioritura diventa diventa una enorme bolla di colore viola. In quel periodo buenos aires si tinge di viola.

Riprendiamo il taxi e rimaniamo a lungo in silenzio ognuno intento a elaborare il proprio turbamento convinti che la casa rosada, il palazzo presidenziale, sia di quel colore anche perché ha assorbito il sangue innocente dei desaparecidos.
Siamo in ostello e le pene dei migranti e gli orchi della dittatura ci accompagneranno a lungo.
Come sempre però un caro saluto e l’invito a stare in campana.
Carlino

Ps: scusate davvero il lungo ma non ho il dono della sintesi e siccome non abbiamo abbattuto alberi fatene quello che volete.

Pubblicato il 25 Marzo 2024
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