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Il luogotenente che indagò sulla ‘ndrangheta a Ferno: “L’ex sindaco non parlò coi boss”

Terza udienza del processo a carico di Filippo Gesualdi e altri, accusati di voto di patto elettorale politico mafioso. L'avvocato dell'ex sindaco ha puntato sull'assenza di riscontri nelle indagini fatte dai carabinieri nel 2017

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Filippo Gesualdi, quando era sindaco di Ferno, non ebbe nessun contatto diretto con gli uomini della ‘ndrangheta di Lonate Pozzolo. A ribadirlo è il luogotenente dei carabinieri di Legnano, rispondendo alle domande del legale di Gesualdi, Gianluca Franchi, durante il controesame del teste della pm Cerreti nell’ambito del processo a Busto Arsizio che lo vede accusato di scambio elettorale politico mafioso.

Il luogotenente che ha indagato nell’ambito dell’inchiesta Krimisa che riportò dietro le sbarre decine di persone legate a doppio filo con le cosche di Cirò Marina, ha detto che non vi furono contatti diretti tra l’allora sindaco (parliamo del 2017) e personaggi come Emanuele De Castro, suo grande accusatore con le dichiarazioni che aveva fatto (da collaboratore di giustizia) proprio durante il processo Krimisa.

Gesualdi, però, avrebbe evitato in ogni modo l’incontro col braccio destro del boss Vincenzo Rispoli che voleva avere agevolazioni in merito all’apertura di parcheggi a servizio di Malpensa: «Non lo incontrò mai direttamente e non risultano nemmeno contatti telefonici o messaggi nè con lui, nè con altri esponenti come Mario Filippelli o Cataldo Casoppero» – ha ribadito l’investigatore in risposta alle domande di Franchi.

L’avvocato ha anche chiesto se era stato calcolato quanti voti furono dirottati dagli uomini delle ‘ndrine verso Gesualdi e se c’erano state contro partite certe ma la risposta è sempre stata un no: «Enzo Misiano a parte (il consigliere di Fratelli d’Italia che successivamente è stato condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso, ndr) nessuno vicino al clan aveva ottenuto di poter parlare con lui». Rispondendo alla domanda dell’avvocato di Filippelli, Michele D’Agostino, lo stesso carabiniere ha anche escluso che alla gara d’appalto per la gestione dei campetti da calcio avesse partecipato l’ndranghetista: «Si presentò solo una società che poi vinse la gara per la gestione ma non è mai emerso nessun collegamento con l’imputato».

Franchi poi ripercorre l’incontro che, invece, ci fu con Salvatore De Castro (figlio di Emanuele), accettato solo dopo che furono gli stessi carabinieri di Lonate Pozzolo a chiedergli di farlo, con l’idea poi non concretizzata di registrare la conversazione: «Da quanto emerso durante le indagini il figlio di De Castro chiese se c’erano terreni a Ferno da poter trasformare in parcheggi» – ha risposto il luogotenente ma Franchi poi ha mostrato una lettera scritta da Gesualdi alla Malpensa Parking (società dei De Castro) nella quale spiegava che quella domanda andava fatta al catasto di Varese e non all’amministrazione comunale.

Ora toccherà ad Emanuele De Castro, il prossimo 9 luglio, testimoniare come richiesto dal pubblico ministero della Dda. Dalle sue parole dipenderà molto del destino di questo processo.

Orlando Mastrillo
orlando.mastrillo@varesenews.it
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Pubblicato il 25 Giugno 2024
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