La pensione può attendere. Alla Spm di Brissago due settantenni innamorati del proprio lavoro
Luigi Aresi e Salvatore Genuardi sono stati premiati durante l'anniversario dei 70 anni dell'azienda. "I robot hanno buone prestazioni ma è ancora l’uomo a fare la differenza"
Quando lo speaker ha annunciato i loro nomi, il pubblico li ha accolti con una standing ovation. Lo speaker è il loro datore di lavoro, Giovanni Berutti, seconda generazione della Spm spa, metalmeccanica di Brissago Valtravaglia. Il pubblico i loro colleghi che hanno festeggiato i 70 anni dell’azienda alle Ville Ponti.
Luigi Aresi e Salvatore Genuardi sono due capisaldi della Spm. Hanno rispettivamente 77 e 71 anni ed entrambi hanno scelto di non andare in pensione e di rimanere ancora al lavoro. Nel caso di Genuardi sono 55 anni di lavoro ininterrotto nella metalmeccanica della famiglia Berutti .
La legge prevede che i lavoratori dipendenti del privato possono continuare a lavorare anche dopo aver maturato il diritto alla pensione di vecchiaia – cioè all’età di 67 anni – ma devono siglare un accordo con il datore di lavoro.
AI NOSTRI TEMPI
«Una volta i fresatori iniziavano a lavorare a sedici anni subito dopo il biennio al corso di operatori macchine utensili – spiega il metalmeccanico senior -. Ho lavorato con Giampiero Berutti, fondatore dell’azienda, con il quale c’era un legame autentico tanto che si usciva spesso a cena durante l’anno. Sono sempre rimasto legato a questa azienda perché mi sento a casa. Ecco perché il lavoro ancora non mi pesa».
Luigi Aresi, prima di approdare alla Spm, aveva avuto altre esperienze. «È un lavoro che amo e credo di essere nato per fare questo – dice Aresi -. Ho iniziato in un’azienda plastica dove gli stampi si progettavano con il tecnigrafo. Ho fatto il corso di disegnatore tecnico, senza andare in ufficio a lavorare perché la soddisfazione di dire “ho fatto io questo stampo” è grandissima. I robot hanno buone prestazioni su tante cose ma non su tutto, è ancora l’uomo a fare la differenza».
Ne è convinto anche Giovanni Berutti che nell’annunciarlo ha detto: «le sue mani sugli stampi sono mani d’oro».
LA FABBRICA-FAMIGLIA
Al netto della retorica che di solito avvolge gli anniversari, di qualsiasi natura essi siano, durante i festeggiamenti della Spm è emerso un dato oggettivo: la parola più usata dai dipendenti nelle loro dichiarazioni è stata “famiglia”. L’azienda viene quindi intesa come una comunità i cui legami vanno bel oltre il rapporto capitale-lavoro.
È un aspetto fondamentale del cosiddetto capitalismo familiare che è in grado di creare valore tenendo insieme la performance imprenditoriale con quella finanziaria e sociale.
GLI STUDIOSI DI FAMILY BUSINESS
Valentina Lazzarotti e Salvatore Sciascia, entrambi professori ordinari all’università Liuc di Castellanza e curatori del libro “Imprese familiari e creazione di valore” (Università Cattaneo libri – Guerini next), spiegano che la performance sociale «fa riferimento a una moltitudine di obiettivi perseguiti dall’impresa familiare che spesso è portata a prediligere aspetti di natura non economica come l’immagine, la reputazione, la tradizione e la continuità piuttosto che quelli di natura economica».
Alle Ville Ponti, accanto all’attuale presidente Giovanni Berutti, c’erano i figli Stefano e Beatrice che, dopo aver fatto un’esperienza fuori dall’azienda di famiglia, sono tornati alla base di Brissago Valtravaglia.
L’ingresso in Spm della terza generazione ha rafforzato ancora di più il rapporto con la comunità di riferimento dando una prospettiva nel tempo che verrà. «L’orizzonte di lungo periodo e il capitale paziente – scrivono Sciascia e Lazzarotti – permette all’impresa familiare di dedicare il giusto impegno alla cura delle relazioni con i vari stakeholder che rappresentano una ricca fonte di capitale sociale».
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