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Nascere in Ucraina: il racconto delle donne che partoriscono nella zona del fronte

La terza puntata con le foto di Edoardo Marangon. In un Paese che si sta spopolando c'è chi resta e resiste, tra incertezza, speranza e paure. Con grandi differenze tra le città dell'Ovest e quelle nella zona dove si combatte con i russi

natalità Ucraina

La seconda puntata del reportage in esclusiva del fotografo Edoardo Marangon (che ha già fotografato per Varesenews al confine Polonia-Ucraina). L’articolo che accompagna è di Giulia Palladini

 

Valky è una cittadina a quasi un’ora di distanza di Charkiv, l’ultima grande città prima della linea del fronte Nord. Per raggiungerla la strada è un lungo rettilineo compreso tra due posti di blocco.

Quando arriviamo, l’ospedale è un edificio bianco le cui finestre sono ricoperte da strati di nastro adesivo allo scopo di evitare che i vetri vadano in frantumi. Ad accoglierci oltre la porta del reparto di emergenza c’è il direttore dell’ospedale Artem Nikolaevic Kovalev: «Abbiamo due strutture, questa è la più grande dove ci sono tutti i reparti e nell’edificio qui di fronte c’è la clinica pediatrica – ci dice- in questo momento avere una struttura al cento per cento funzionante è una grande risorsa».

Mentre saliamo verso il reparto di maternità al quarto piano, ci racconta che l’ospedale accoglie per lo più civili garantendo assistenza di base ma anche intercettando richieste di soccorso per i feriti delle città più vicine al fronte, tra cui anche soldato.
«In generale le richieste di aiuto sono aumentate – continua – le persone hanno bisogno di cure e medicinali ma questo qui è l’unico reparto che è sempre meno frequentato. Prima dell’invasione degli ultimi due anni avevamo più di trecentocinquanta nascite all’anno ora sono molte meno, questo giugno sono state molte, quasi venti, ma è una rarità, molte donne sono emigrate».

Nella prima stanza incontriamo Nadia, una donna di trentaquattro anni che nel vederci arrivare ci sorride. È seduta sul letto, le mani incrociate sulla pancia in attesa dell’inizio del travaglio. Quando chiediamo quando partorirà scoppia a ridere: «Spero il prima possibile ma c’è ancora da aspettare, credo» risponde. Nadia è della regione di Charkiv questa è la sua terza gravidanza, i primi due figli hanno nove e undici anni.

Le chiediamo che cosa l’abbia spinta a volere una nuova gravidanza. «La verità? Speravo di avere una bambina – dice sorridente – ma a quanto pare sarà maschio, si chiamerà Nazar, ho scelto io il nome». Prima dell’invasione ucraina del 2022 non immaginava avrebbe voluto un altro figlio e alla domanda se non sia spaventata ci risponde che sì lo è, suo marito è un soldato, combatte al fronte e non appena lei entrerà in travaglio avrà solo pochi giorni per starle accanto. Lei non lavora ma vorrebbe ricominciare, con i tre figli e il marito via dice che però ci vorrà ancora qualche anno, ad aiutarla fortunatamente c’è sua madre che è rimasta con lei.

La storia di Nadia è quella di migliaia di donne che come lei hanno scelto di rimanere nel Paese in un clima di generale incertezza e molto spesso in assenza dei loro partner arruolati nell’esercito.

La sua esperienza però rappresenta anche un’eccezione: la popolazione Ucraina sta scomparendo. Da trent’anni a questa parte, insieme con la migrazione massiva e il numero di morti in continua crescita tra soldati e civili, il dato più preoccupante è il tasso di natalità ai minimi storici.

Se nel 2021 i nuovi nati erano 273.772 (dato del Ministero della Gius9zia), nel 2023 i nascituri sono stati 187.387 con un calo significativo del 32%.
È interessante notare come questo dato cambi di molto anche da regione a regione, se i dati più bassi del 2023 sono stati registrati nell’Oblast di Cherson (452), il territorio con più nati è la città di Kyiv (19 979). Sono dati che descrivono con chiarezza come la precarietà dovuta alla guerra non sia omogeneamente percepita; l’Ucraina si rivela un Paese ancora molto frammentato dove in città come Kyiv e Lviv alle donne è permesso l’accesso a strutture sanitarie funzionanti, mentre a pochi chilometri dal fronte partorire in un rifugio è una storia molto comune.

Inoltre, stress e traumi possono incidere molto sull’andamento di una gravidanza portando alla nascita prematura del bambino. Secondo l’UNFPA in Ucraina del 2023 quasi un bambino su dieci è nato prematuro, condizione che necessita di cure aggiuntive e attrezzature sanitarie spesso poco reperibili.

Chiediamo al direttore quali siano le procedure nel caso in cui scatta l’allarme. «Non ci sono procedure – risponde – ci sono giorni in cui l’allarme dura anche tutto il giorno e attuare piani di emergenza così spesso non è materialmente possibile. Dobbiamo fare in modo che tutto continui, le sale operatorie funzionino, la sala parto non si fermi. Per le situazioni a più alto rischio abbiamo un rifugio attrezzato».

Prima di andare, visitiamo le ultime stanze del reparto con il ginecologo di turno. Nell’ultima a destra ci sono due neomamme con le rispettive bambine nella culletta di fianco al letto. Una riposa, l’altra è distesa sul letto coperta da un telo bianco e tiene con un dito la mano della piccola. Le chiediamo come sta, non parla inglese ma ci fa capire di essere stanca.
Ai piedi del letto c’è una grande scatola in plastica. «Questo ospedale fornisce a tutti un kit con beni di prima necessità per la mamma e per il bambino, ci sono pannolini, detergenti, tutto quello che può essere utile» ci spiega il ginecologo. «Lo abbiamo sempre fatto, è un modo in più per sostenerle. L’esperienza di un nuovo bambino in questo contesto può essere fisicamente e psicologicamente davvero difficile da sostenere».

Qui tutte le puntate del Diario dal fronte ucraino

Pubblicato il 13 Luglio 2024
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