La Finanza di Malpensa sequestra 23 milioni per una maxi evasione sugli orologi di lusso
Tre persone fisiche indagate: nei guai anche le società di contrabbando che spacciavano i beni come prodotti in arrivo col regime di “transito comunitario"
Un volume enorme di beni su cui non venivano applicati né i regimi doganali, né l’imposta sul valore aggiunto: orologi di lusso del valore di oltre 100 milioni che entravano in Italia via Malpensa come “transito comunitario” fittiziamente destinati ad un’ignara base militare americana in Italia ma che venivano immessi nel mercato per compravendite in “nero“ così da falsare il regime di conorrenza.
Per questo le indagini della Finanza di Varese e Malpensa hanno portato al sequestro di 23 milioni di euro a tre persone fisiche e a due società di spedizioni attive a malpensa. Le indagini riguardano un periodo che va dal 2020 al 2022, sono partite dalla denuncia di un dipendente di una delle società coinvolte, sono state coordinate dalla Procura della Repubblica di Busto Arsizio e condotte dal Nucleo di polizia economico- finanziaria di Varese e dalla Sezione di polizia giudiziaria della mdesima Procura, in collaborazione con l’Ufficio delle Dogane di Malpensa.
È stato così individuato un articolato sistema di contrabbando, attuato dai dipendenti infedeli dei due spedizionieri operativi presso l’aeroporto di Milano-Malpensa, che ha consentito l’illecita importazione, in 80 casi accertati, relativi al triennio, di 64.000 orologi di pregio (a marchio Rolex, Bulgari, Chopard, Cartier, IWC, Panerai), per un valore medio complessivo di 103 milioni di euro.
Gli orologi di lusso, che risultavano provenire da Hong Kong accompagnati da false fatture estere, venivano introdotti in territorio nazionale attraverso l’aeroporto di Milano-Malpensa formalmente assoggettati al regime doganale del “Transito Comunitario”, ovvero senza applicazione di dazi e Iva, in quanto dichiaratamente destinati ad una base militare americana su suolo italiano, che gode dunque di extraterritorialità. Si precisa che la suddetta base militare è risultata ignara destinataria delle spedizioni e che le stesse non sono mai state introdotte all’interno della struttura militare.
Cosicché, dopo un primo sequestro, operato lo scorso mese di novembre, di 1 milione di euro, tra orologi, gioielli e denaro, è stato eseguito ora un secondo sequestro che ha riguardato ulteriore denaro depositato sui conti bancari degli indagati, ivi compresi, questa volta, quelli delle due società coinvolte, per un importo equivalente al suddetto profitto illecito.
Pari a circa 23 milioni di euro i diritti di confine evasi, suddivisi tra Iva per oltre 22,9 milioni e dazi doganali per 50 mila euro, costituenti il profitto illecito dell’evasione fiscale realizzata nel triennio dagli indagati, ritenuti gravemente indiziati della commissione del reato di contrabbando aggravato, punito con la multa da 2 a 10 volte i diritti evasi, cui è aggiunta la reclusione da 3 a 5 anni e la confisca del profitto del reato o dei beni di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale profitto (cd. sequestro per equivalente).
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