Nei dintorni di Malpensa una fabbrica cinese illegale: lavoravano per l’alta moda
Mancanza di sistemi di sicurezza e lavoratori in nero che vivevano nei capannoni: così venivano prodotti per pochi euro vestiti venduti a cifre notevoli. Trovati anche minori affidati ai servizi sociali
Lavoravano e dormivano nello stesso luogo di lavoro, un opificio cinese di Samarate dove per pochi euro i lavoratori realizzavano capi venduti sul mercato a prezzi esorbitanti: alcuni “dipendenti” trovati nel corso del blitz della Finanza di Busto Arsizio mentre stavano bivaccando all’interno della struttura.
In particolare, i finanzieri di Busto Arsizio, attraverso una valorizzazione trasversale delle banche dati fiscali e di polizia in uso, anche grazie ai vantaggi offerti dalla fatturazione elettronica obbligatoria, che rende possibili interventi tempestivi nei confronti dei contribuenti meno affidabili, hanno avviato un mirato controllo fiscale nei confronti di un’impresa, attiva da soli tre mesi, operante nel settore della produzione di capi d’abbigliamento per note griffe di alta moda, che operava in totale spregio delle norme igienico – sanitarie, delle norme in materia di prevenzione incendi, sfruttando manodopera illecita e clandestina (cd. caporalato).
In fase di accesso i militari hanno identificato i cittadini cinesi presenti nel capannone e nei dormitori, tra cui diversi soggetti risultati sprovvisti di regolare permesso di soggiorno, alcuni lavoratori “in nero”, nonché minorenni alloggiati, i quali, in seguito allo sgombero dei locali, sono stati affidati ai servizi sociali del comune di Samarate.
Nei giorni successivi sono stati svolti insieme al personale del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco, della locale A.T.S. e dell’Ufficio tecnico del Comune, accertamenti e sopralluoghi finalizzati alla verifica delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento in sicurezza dell’attività d’impresa.
La polizia economico-finanziaria bustocca ha quindi appurato la totale mancanza di qualsivoglia titolo abilitativo e autorizzativo per lo svolgimento dell’attività d’impresa all’interno dell’immobile (in particolare, SCIA del Comune, CPI, documento di valutazione dei rischi ai sensi del D.lgs. 81/2008) e hanno inoltre individuato 12 persone di cittadinanza cinese, non comprendenti la lingua italiana, alcune delle quali intente a svolgere attività lavorativa all’interno della sede dell’impresa, altre trovate a dormire o bivaccare all’interno di locali dell’immobile del tutto fatiscenti e privi di qualsiasi minimo requisito igienico – sanitario.
Al termine delle attività, il titolare della società è stato denunciato alla Procura della Repubblica di Busto Arsizio per i reati di caporalato, sfruttamento ed ospitalità di manodopera clandestina, nonché per le gravi violazioni in materia di Salute e Sicurezza sul Lavoro. Anche il proprietario del capannone sequestrato, a seguito delle irregolarità edilizie dei locali oggetto di locazione, è stato denunciato per abusivismo edilizio, data la presenza d locali dormitorio non dichiarati.
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