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Nico Acampora e la froza travolgente di PizzAut, che promuove lavoro e inclusione

A Varese la storia straordinaria della pizzeria gestita interamente da ragazzi con forme di autismo. Il sogno di un papà che non si è arreso. "Mi dicevano che non avrei mai aperto un ristorante così. Insieme ne abbiamo aperti due"

Acampora Pizzaut

«Mi dicevano che non sarei mai riuscito ad aprire un ristorante gestito da ragazzi autistici. Ne abbiamo fatti due». Nico Acampora – fondatore di PizzAut – è una persona travolgente. Travolge con la determinazione, l’entusiasmo, lo stesso modo di raccontare, tra ironia e un pizzico di sarcasmo contro quel mondo che non crede alla possibilità di far fare una vita normale a persone con forme di autismo.

Al Salone Estense di Varese, in occasione del festival Glocal promosso da Varesenews, sono arrivati in tanti, in un bel pomeriggio di sole, per sentire da Nico la bella favola – ma vera, verissima – del ristorante che ha dato lavoro a tanti autistici.

«L’idea mi è venuta una notte, all’una e mezza di notte. ho svegliato subito mia moglie: “voglio aprire un ristorante gestito da ragazzi autistici”. Quando ho incominciato a farlo pensavo fosse una banalità, ho scoperto invece che non esisteva da nessuna parte d’Italia».

L’inizio si deve confrontare dall’incredulità o dal pessimismo dei più, anche di alcune famiglie con ragazzi autistici, anche di chi li accompagnava per lavoro. E invece a questo Nico Acampora oppone entusiasmo, capacità di coinvolgere e anche una bella dose di fatica: «Ho fatto un infarto per ogni ristorante, ne ho fatti due» dice riferendosi ai due locali PizzAut, il primo a Cassina de’ Pecchi nell’Est Milano e il secondo a Monza.

PizzAut e Nico Acampora

L’entusiasmo è di Nico, ma anche dei tanti ragazzi e ragazze che hanno creduto al progetto, anche quando sembrava arenarsi nelle difficoltà della pandemia, che ha ritardato l’apertura di un anno (il primo Pizzaut ha aperto a maggio 2021). Anche al Salone Estense a Varese i ragazzi – che sono lavoratori, con tutto l’orgoglio e la dignità che la parola si porta dietro – sono venuti a raccontare la loro esperienza: «Ho ventisei anni, sono sei anni che faccio parte del progetto» ha raccontato ad esempio Lorenzo, che per anni aveva potuto solo frequentare un Centro Diurno e invece ha trovato un lavoro, sviluppato una professionalità.

Acampora Pizzaut

Nico Acampora non risparmia critiche al sistema che deve dare risposte alla condizione delle persone con autismo: dai Centri Diurni alla scuola, dove «l’insegnante di sostegno di mio figlio viene nominata solo a dicembre, con il sistema delle Mad, per cui per tre mesi mio figlio non è nelle condizioni di avere i suoi diritti costituzionali» (il sistema delle Mad è un pezzo del precariato strutturale della scuola italiana, che nomina gli insegnanti durante l’anno e solo per un periodo).

PizzaAut, dove l’inclusione si sforna e ha il sapore di un sorriso

La prospettiva di vita costruita attraverso il lavoro è – insieme all’affetto e ai legami che si creano nell’esperienza – la chiave di volta di PizzAut, ciò che lo differenzia da tante iniziative. Un elemento che portato Acampora e Pizzaut ad essere ospiti delle massime autorità, a partire dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Gli ho mandato una lettera, mi hanno risposto (molto cortesemente) che il Presidente non inaugura pizzerie. Poi due settimane dopo mi hanno scritto: il Presidente viene, noi dello staff siamo contrari ma il Presidente vuole venire».

Mattarella ha poi citato PizzAut anche nel suo messaggio di fine anno: «Ho trovato i valori della Costotuzione italiana negli occhi e nei sorrisi dei ragazzi con autismo che lavorano con entusiasmo a PizzAut». Li ha definiti «un gruppo di sognatori che cambiano la realtà».

E dopo Mattarella, anche l’incontro emozionante con Papa Francesco: «Esiste una economia di scarto, è quella che scarta chi non è più utile. Voi siete un’atra economia possibile». Episodi rievocati da Acampora anche nel libro dedicato alla straordinaria esperienza che ha messo in piedi, insieme ai suoi ragazzi-lavoratori.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 08 Novembre 2024
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