“Macchine Inutili”, il luna park giocoso di Tinguely
La mostra negli ampi spazi della Pirelli Bicocca ci regalano una sorte di incantesimo visivo che nasconde, nel gioco meccanico delle opere, tutto il senso di tragicità che accompagna la nostra esistenza
Macchine enormi, provocatorie, instabili, auto distruttive, costruite attraverso elementi meccanici recuperati, e assemblati, oggetti animati da improponibili motori che producono rumori, suoni, forme in eterno mutamento e che non producono nulla se non il meraviglioso senso di un gioco. Dentro queste coordinate estetiche si muove il lavoro scultoreo di Jean Tinguely, con una memoria legata alle dinamiche del Surrealismo ma ancor di più alla lezione nichilista del Dadaismo, un’arte nata per negare la funzione dell’arte, il suo valore d’eternità, la sua perenne materialità e univocità. Nella ricerca artistica di Tinguely c’è anche un occhio alla dimensione cinetica di Calder, ai suoi “Mobil” e un’attenta considerazione delle sollecitazioni artistiche di Munari.
In queste complesse modalità espressive si muove tutta la ricerca di Tinguely alla quale, a partire dagli anni Sessanta (1960), Pierre Resteny darà una connotazione estetica sotto il nome di Nouveau Realisme, un gruppo di artisti come Cesar, Arman, Spoerri, Klein, Rotella…, i quali, più che realizzare una ricerca poetico-estetica comune, esprimono, con una certa irriverenza, la comune idea della smaterializzazione dell’arte nei confronti del suo aspetto razionale e di quello funzionale.
Sommerso in questo complesso mondo estetico-poetico si muove tutta la produzione artistica di Tinguely, avvolta in una sorte di incantesimo visivo che nasconde, nel gioco meccanico delle opere, tutto il senso di tragicità che accompagna la nostra esistenza. Gli ampi spazi della Pirelli Bicocca ci regalano questa visione. Nell’Hangar, le opere mostrano in tutta la loro animata alternanza, una sorte di Luna Park giocoso in cui la straordinaria ricostruzione oggettuale offre al visitatore la visione della grande capacità inventiva, costruttiva e poetica dell’autore.
Marchingegni assurdi, che si animano e il cui livello estetico non dà, in prospettiva, soluzioni alle svariate domande e alle miserie del mondo ma che grazie alla loro imponenza, alla loro precarietà ironica e beffarda cercano di esorcizzare il senso d’angoscia e di morte che ci affianca nella vita. Macchine inutili ma esprimono un evidente bisogno di vita, una non malcelata dimensione di sacralità. Ecco allora le prime opere cinetiche degli anni 1954/-60, o i “Meta Meccaniche” o “Requiem per una foglia morta” del 1967, oppure l’esaltante “Pit Stop” del1984. C’è anche il filmato “La Vittoria” del 1970, un lavoro che mostra una forma fallica di oltre dieci metri d’altezza che si auto distrugge nell’azione, installato davanti al Duomo milanese in un evento corale per celebrare il decennale della nascita del Nouveau Realisme.
Macchinari complessi che non negano la loro fragilità poiché è attraverso la fragilità che si acquisisce consapevolezza al nostro limite esistenziale, così simile alla manifesta precarietà e alla contenuta fragilità delle diverse opere che animano lo spazio dell’esposizione.
JEAN TINGUELY
Hangar Pirelli Bicocca
Milano
Dal 10 ottobre al 2 febbraio 2025
Inf: 02 66111573
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